Tuesday, December 28, 2004
L’imagine nuova universale

dirigere – burocratizzare – sfruttare
o perlomeno avrà una sola direzione guidare
il plusvalore di questa immensa
energia – sempre e continuamente
nella zona del tempo libero –
inesausto vulcano di immense creazioni –
divideremo – la ....zona
del tempo libero
in 2 parti
la zona creatrice
la zona di letargo ---------------il denaro è il tempo di scambio sperimentale
la zona produttrice o (della grande noia) prova ancora il denaro
nella prima il soddisfacimento dei desideri
e qui occorrono linguaggi nuovi
i vecchi non servono più
2 Imagini nuove (Jorn)
le vecchie immagini dell’universo non servono più
(soltanto il nuovo mondo dei desideri e delle passioni
non più frenate che da un nuovo
umanesimo – quindi (educazione)
sarà l’uomo nuovo – al di là dei robots
a creare l’imagine nuova universale
che sarà sempre provvisoria
2.
[La chimica vegetale – ms.]
letargo oppone alla realità sociale l’utopia dei desideri (Jorn)
anarchismo creativo
contro tutte le organizzazioni ---------------------> ma se il nuovo non permette organizzazioni
Il passaggio da una azione rivoluzionaria utopistica
ad una fase sperimentale attiva – può solo avvenire
alla base –nella massa senza passato
con uno scambio di esperienza – diretta
Fase che determinerà nuovi modi di scambio
nuove energie - di gioco - creando continuamente
il nuovo e nella società uguale davanti
alle cose – non permetterà lo sfruttamento
delle cosiddette mode – eliminando
qualunque detentore di un qualsiasi
brevetto. La società senza brevetto
con scambio di esperienza perpetua
non può essere che la società situazionista
sarà il non-ordine perché sempre
nuovo e quindi impossibile ad ordinare
Pinot Gallizio, frammenti inediti,
(in corso di pubblicazione per i tipi di Skira)
Monday, December 27, 2004
L'essenza della danza

«Dico a ti che chi del mestiero vole imparare, bisogna danzare per fantasmata e nota che fantasmata è una prestezza corporale, la quale è mossa cum lo intelecto della mesura... facendo requie a cadauno tempo che pari aver veduto lo capo di medusa, como dice el poeta, cioè che facto el moto, sii tutto di pietra in quello istante e in istante metti ale come falcone che per paica mosso sia, secondo la regola disopra, cioè operando mesura, memoria, maniera cum mesura de terreno e aire»
Domenico da Piacenza, Dela arte di ballare et danzare
«La danza è, dunque, per Domenichino, essenzialmente un'operazione condotta sulla memoria, una composizione dei fantasmi in una serie temporalmente e spazialmente ordinata. Il vero luogo del danzatore non è nel corpo e nel suo movimento, bensì nell'immagine come "capo di medusa", come pausa non immobile, ma carica, insieme, di memoria e di energia dinamica. Ma ciò significa che l'essenza della danza non è più il movimento - è il tempo».
Giorgio Agamben, Nymphae
non-danzato da ---gallizio
nell'era che mena le danze
Non-letture su Babele

«Babele è un testo. Esso si colloca nella classe di scritti che da due secoli noi chiamiamo letterari: quelli stessi la cui struttura semantica, a un tempo stabile e sempre incompiuta, comporta una costellazione di sensi che sgorga da un nucleo esploso o in via di esplosione - talvolta ben visibile, talvolta appena distinguibile».
P. Zumthor, Babele, Bologna 1998
«(...) Babele rappresenta un racconto minimo su cui pesano tanti secoli di glossa e di ipotesi di [non-]lettura.
In conclusione, Babele è ancora oggi un enigma attivo».
S. Petrosino, Babele - architettura, filosofia e linguaggio di un delirio, Genova 2004
non-linguato da ---gallizio
nell'era babelica famelica
Friday, December 24, 2004
Esiste sulla terra una misura?

«[Mallarme] Parla del linguaggio come moneta, liberandosi dall'oggetto che nomina:
"implica che scompaia, rende l'oggetto assente, lo annienta".
Qui ha luogo uno scambio»
Maurice Blanchot, The Work of Fire, Stanford CA: Stanford University Press, 1995
non-monetizzato da ---gallizio
nell'epoca della linguoneta
La visione della [Bootleg] da vicino
Thursday, December 23, 2004
Fimmina barbuta, mancu di luntanu si saluta
Wednesday, December 22, 2004
O voce di colui che primamente conosce il tremolar della Marina!

MARINA ABRAMOVIC - Cleaning the Mirror
Lia Rumma Gallery, Naples. December 19th, 2004
courtesy: galleria Lia Rumma - Napoli
Io nacqui ogni mattina.
Ogni mio risveglio
fu come un'improvvisa
nascita nella luce:
attoniti i miei occhi
miravano la luce
e il mondo. Chiedea l'ignaro:
«Perché ti meravigli?».
Attonito io rimirava
la luce e il mondo. Quanti
furono i miei giacigli!
Giacqui su la bica flava
udendo sotto il mio peso
stridere l'aride ariste.
Giacqui su i fragranti
fieni, su le sabbie calde,
su i carri, su i navigli,
nelle logge di marmo,
sotto le pergole, sotto
le tende, sotto le querci.
Dove giacqui, rinacqui.

(...)
Furonvi donne serene
con chiari occhi, infinite
nel lor silenzio
come le contrade
piane ove scorre un fiume;
furonvi donne per lume
d'oro emule dell'estate
e dell'incendio,
simili a biade
lussurianti
che non toccò la falce
ma che divora il fuoco
degli astri sotto un cielo immite;
furonvi donne sì lievi
che una parola
le fece schiave
come una coppa riversa
tiene prigione un'ape;
furonvi altre con mani smorte
che spensero ogni pensier forte
senza romore;

altre con mani esigue
e pieghevoli, il cui gioco
lento parea s'insinuasse
a dividere le vene
quasi fili di matasse
tinte in oltremarino;
altre, pallide e lasse,
devastate dai baci,
riarse d'amore sino
alle midolle,
perdute il cocente
viso entro le chiome,
con le nari come
inquiete alette,
con le labbra come
parole dette,
con le palpebre come
le violette.
E vi furono altre ancóra;
e meravigliosamente
io le conobbi.

(...)
«Che vuoi? che vuoi?»
Immobile stetti
come i simulacri esangui;
poiché ogni cosa
attraeva il mio gesto
ma il mondo parea vanire.
«Che vuoi? che vuoi?»
Dalle mie stesse vene
pareami essere attorta
l'anima come da mille angui
con torride e gelide spire,
«Che vuoi? che vuoi?»
E un lampo discoperse
la vite meravigliosa,
gravida di grandi
grappoli, frondosa
di fosche fronde,
con le radici immerse
nelle virtù profonde.
«Morire o gioire!
Gioire o morire!»

(...)
Allora, come una statua
dalla voluttà della Notte
espressa, una forma
silenziosa
biancheggiò nell'ombra
terribile; e trasalii.
Una luce fatua
sorse come una colonna
tremante nell'ombra
soffocata; e trasalii.
Non dissi: «O donna,
chi sei tu?». Non chiesi:
«D'onde venuta,
di quali iddii
messaggera?». Ma la conobbi
subitamente, muta
ed eloquente.
Per sentieri profondi
tratta me l'avea sola
dall'armonia dei mondi
il Desiderio.


Non templi non are non tombe
non statue votive, non greggi
di vittime, non teorie
solenni lungh'esso il Pecile,
né il coro dei bronzei fanciulli
sacrato al Dio da Messana
né l'opra di Càlami offerta
da Agrigento, né il toro
degli Eretrii, né la Vittoria
di Naupatto ammirammo
giungendo ai piedi del Cronio
pinifero; ma una bellezza
virginea come un canto
partènio, diffusa
nella placida sera,
c'indusse una sùbita pace
nel cuore, e il tumulto si tacque.
E sol riudimmo vegnente
dai gioghi d'Arcadia il messaggio
di Pan che conduce
ne' tempi il Ritorno eternale.
Gabriele D'Annunzio, Laudi del cielo del mare della terra e degli eroi

marinato primamente da ---gallizio
nell'epoca di partenope
Friday, December 17, 2004
Non-Letture in Biblioteca

"Entriamo nella Biblioteca. Vastità di spazio. Morbidezza
di moquette. Fughe di scaffali, carichi di
Pubblicazioni. Potresti passarci la vita e non riusciresti
a leggerne neppure la decima parte, di quelle
Pubblicazioni. Io non riuscirei a leggerne neppure
una, lì dentro; neppure una; a meno che in qualche
modo non mi ci costringessero. Ma grazie al cielo,
nessuno mi ci costringe.
Vi sono Utenti. Né pochi, né molti. Alcuni seduti ai
tavoli. Si direbbe, di quelli, che alcuni leggano. Un
paio, si direbbe dormano: a meno che non fingano.
Uno, se finge, finge molto bene: tiene le mani aperte,
a palme in giù, una sull'altra, incrociate e poggiate
sul tavolo, davanti a sé; davanti alle mani, sul
tavolo, c'è, aperta, la Pubblicazione; egli ha il capo
reclinato, a guancia dolcemente riposante sulle mani;
gli occhi son chiusi; un lieve movimento ritmico
del corpo, a saliscendi, induce a pensare che egli respiri
lento e profondo, e che dorma beato; chissà se
sogna..."
Giampaolo Barosso, AAA - Volume secondo (1981 - 1982)
Giampaolo Barosso è una delizia per i dieci sensi. Giungono nella vita momenti lunghi e inopinati in cui è sommo lo sconforto, momenti in cui non si crede più negli uomini e nelle cose. Momenti di puro bloom ovviamente. Se questo è il vostro caso, è giunto il momento di (stamparsi e) leggersi l'opera di Giampaolo Barosso, l'uomo espiantato a Vocabolo Brugneto. Un libro come "Poema Burocratico" è di quelli che non si fanno più.
Vien quasi la tentazione di non-leggerlo... (pinot)
non-sognato da gallizio
nell'epoca delle non-letture
Visiòn do Futebòl

Non vediamo mai il mare, da qui non vediamo che spalti, noi calciatori. Cosa dobbiamo pensare? Non vediamo boschi, né fermi né che si muovono. Non vediamo la linea dell’orizzonte, quella linea raramente tutt’una. Abbiamo un vantaggio: conosciamo fantasticamente il paesaggio. Lavoriamo coi piedi, siamo, insomma, scrittori, cronisti. Abbiamo viaggiato, come no. Sfioriamo posti coi nostri trasferimenti. Le “insidiose trasferte” fanno veramente di noi degli spostati, nel senso di qua, nel senso di là. Poi, come se andassimo a Cuba, in Patagonia, a Smirne, insomma nei soliti esteri, ci troviamo nel solito cuore che batte, nell’occhio, nell’ombelico di un mondo non visto: lo stadio. E là diventiamo poeti.
E’ normale, vallo a chiedere ai grandi cronisti, lo sanno. Se non fosse per loro…(...) A che serve il cronista? A dare una smossa. Arriva lì. Tutti i posti sono allevamenti di galline. Il cronista fa sciò con la mano e col cappello. Dilata i tempi troppo rapidi e saettanti, contrae e restringe quelli lunghi, ampi, le infinite tematiche svolte, le cerimoniali aperture delle bocche allo sbadiglio.
Ti dice com’è il cielo. Com’è il cielo? Sul campo il cielo ha i piedi in terra, perché noi voliamo\radenti...
... e cerchiamo l’appoggio, rotoliamo come quaglie impallinate, saltiamo come galli cedroni per colpire con la cresta la palla, l’alto è un palmo sopra la traversa, l’altissimo è un tiro inguardabile.... E com'è il mare?
(...) In certi stadi con gli anelli mozzi vediamo, di tra la spaccatura tra tribune e curve, le case con le finestre e i terrazzini, e la gente affacciata dopo i pranzi. Come dai treni guardiamo questa vita nelle case popolari sulle sponde dei binari. E, come dai treni, la invidiamo. Siamo ricchi? La ricchezza è un’invenzione degli stronzi. Noi siamo la contraddizione, siamo popolari, pagati appena il giusto per essere guardati, invidiati come i nostri dirimpettai nelle finestre, intimi e fuggenti, questi Tennessee Williams gratuiti ma più riusciti, più veloci e meteorici.
Mentre i ricchi acquistano quell’aria da cretini lentamente, cominciando dalle etichette a tavola. Questo è.
Vediamo gradinate con uomini sopra. Ecco cosa succede in corpo a noi, da entrati in campo in poi.
Wednesday, December 15, 2004
Debord Sbancorama
(si vede che sta meglio il ragazzaccio...)
se non l'avete già non-letto, questo è il post di rekombinant in cui, con la scusa di incensare guy debord, Sbanky butta là che gallizio è stato probabilmente il più grande dei situazionisti...

- Su Debord devi scrivere qualcosa!
- Perché?
- Perché, forse tu non te lo ricordi, ma nel 1972, Piero Lo Sardo ti
diede da leggere “La Società dello Spettacolo”
- Si, è vero, mi ricordo che poi Piero e Celeste andarono a Parigi, e
intervistarono Debord.. Iniziammo a costruire un Centro di documentazione”.
C’erano tutti i numeri dell’ I.S. e pure le cose di Isidor Isou e
dell’internazionale lettrista.
- Quello non se lo ricorda più nessuno.
- E così sia. Ma c’era “Socialisme ou Barbarie” la piattaforma Chalieu-
Debord, che tralucemmo, e i numeri di “Information Corrispondance Ouvrieres”
di Henri Simon.
- Ma in che epoca vivi?
- La tua.
- Ma questi nomi non interessano più nessuno!
- Sai cosa diceva Eraclito?
- Che le opinioni degli uomini sono come i giocattoli dei bambini.
- E allora?
- Allora niente.

- Ma Debord si suicidò!
- Beh che vuol dire, si suicidò anche un mio cugino per non aver
superato gli esami di III° liceo e si suicidò anche mio zio, gran puttaniere,
cacciatore e comunista, l’unico comunista di Sabaudia (provincia di Latina.)
- Che c’entra?
- C’entra, c’entra…si suicidò anche Majakovsky, e prima di lui Esenin,
e poi Seneca, per ordine di Nerone, a cui aveva consigliato di uccidere la
madre, e si uccise anche Pavese.. “Verrà la morte e avrà i toi occhi”ma
sopratutto "Lavorare stanca..."
- Si ma qui non si suicidano più per amore…
- E chi l’ha detto? Penso che i kamikaze (o meglio gli shadid) si
suicidino per noia.
- Noia?
- Si, pensa di nascere che la guerra sia già iniziata e che non si veda
la fine. Noia. Noia assoluta. Ci si suicida per amore di una vita che non
c'è.
Poi ci sono gli "shadid", i martiri. Si suicidano pensando al Paradiso e alle
Uri. Come dire, suicidi "ottimisti", pensano cioè che dopo sia meglio...
- Ma comunque si muore.
- Morire in piedi con un grido di battaglia, morire disteso a letto con
un grido di paura: c’è così grande differenza?
- No. Ma Debord perché si suicidò?
- Posso capirlo. Visse un’epoca di grandi colori. Il colore dei quadri
di Pollock e di Asger Jorn, il Gruppo Cobra e poi i colori di Pinot Galizio…
- Chi?

- Pinot Galizio, forse il più grande dei situazionisti. Costruì una
stanza dipinta sui quattro lati e anche sul pavimento e sul soffitto. Mantre
stavi seduto all’interno c’era una musica. Mi ricordo che Piero disse che ci
volevano anche i profumi, le essenze d’oriente. Procedemmo subito ed
iniziammo a rollare, prima che un guardiano, indegno, ci cacciasse fuori dal tempio…
- E come morì Galizio?

- Credeva di avere un tumore. Iniziò a dipingere tutti gli oggetti che
gli capitavano sottomano di nero. Un nero assoluto, che assorbiva la luce e
non riluceva.

Poi morì. Non aveva un tumore, ma soffriva di cuore e tutto
quel dipingere lo ammazzò. Una morte davvero situazionista. Grande.
- E voi?
- Noi abitavamo un mondo il cui senso si era già dissolto nello
Spettacolo.

Accendemmo gran fuochi pirotecnici per celebrare l’evento, per
esempio a Roma il 12 marzo del 1977. Si Debord fu un hegeliano, ma nessuno
dopo di lui, potrà brandire la spada fiammegiante della dialettica come lui
seppe fare. Durlindana muore con Orlando e restano solo le Canzoni delle
Gesta!
- Pessimista: la Storia non finisce!
- No la Storia non finisce, e in ciò contraddice quel
giapponese “comecazzosichiama”, ma chi ripone la propria felicità nella
Storia
muore prima di essa.
- Ma da quando la Storia non assicura la felicità?
- Da sempre. Pensa ai “Canti Anarchici” : “Noi moriremo sulle
barricate/schiudendo all’umanità novella via…” Oppure: “Pria di morir sul
fango della via/imiteremo Bresci e Ravachol”; o ancora “Noi salutiam la
morte / bella e vendicatrice / che schiuderà le porte/ a un’era più felice…
Avanti siam Ribelli ecc. ecc.

insomma prima si muore, dopo, si vede.
- E allora che mi dici di “Muoia Sanson e tutti i Filistei?”
- Propaganda sionista. In realtà Sansone non sopportava che Dalila gli
avesse messo le corna con quello sporcaccione di Oloferne…il resto è Storia.
non-debordato da gallizio
nell'era del[lo s]banco[r] paga pegno
Ciao Gino

«Durruti. Giovane avrei voluto essere lui.
Espormi con rabbia.
Imporre ad ognuno la libertà.
Avrei sbagliato? Non so. Vicino agli 80 anni, non so ancora darmi una risposta sicura.
Fatto sta: l’incontro con gli scritti di Benedetto Croce su l’anarchia (essì) mi fecero diventare anarchico, nell’unico modo in cui lo si è. Senza violenza alcuna, se non ideologica.
Che la soluzione sia in questo libro della cuoca di Durruti?
Non v’è riga – non una sola (dico del testo e non delle ricette) – che non mi abbia travolto e appassionato. Il transito dalla sofferenza alla speranza. Si vive solo quando il positivo – e non il negativo – scende nelle strade.
E tuttavia ho i miei dubbi. So solo impossibile obbligare nessuno ad essere libero».
Luigi Veronelli, Prefazione a La cuoca di Buenaventura Durruti, 2003.
non-bevuto insieme con ---gallizio
nell'era che sa di tappo
Friday, December 10, 2004
Caro istante ti vedo!

caro istante ti vedo
in questa tenda di bruma che indietreggia
dove non dovrò più calpestare quelle lunghe soglie mobili
e vivrò il tempo di una porta
che si apre e si richiude
da Quattro poesie (mozzico della 3 - 1948)
istantanea non-scattata da ---gallizio
nella brumosa era degli scattini
Tuesday, December 07, 2004
Milano non esiste
Nessuno in giro.
Un cielo terso come nemmeno alla sagra del bollito misto di Roccaverano nel '94
Persino le banche torracchiose sonnecchiano illanguidite.




Uhm... molto strano: non fosse che non esiste... vista così, sembrerebbe quasi un posto abitabile
«Da quel lontano tempo, nella cosiddetta o sedicente Milano non ci son più stato.
E quando sento, per esempio: "Lei dove scende?".
"A Voghera; e lei?".
"Io vado a Milano", rido sotto i baffi.
Milano, è evidente, non esiste».
Tommaso Landolfi
non-abitato da ---gallizio
nel tempo dei vipistrelli
Sunday, December 05, 2004
Sono la scena vivente

«Per potermi creare mi sono distrutto; mi sono esteriorizzato a tal punto
all'interno di me stesso, che dentro di me io non esisto se non esteriormente.
Sono la scena vivente su cui si alternano svariati autori che recitano drammi
diversi» (Fernando Pessoa)Ma almeno per ora, se il bloom mostra qualche affinità con quest'uomo interiore, ciò accade per lo più in termini negativi. L'abitacolo inessenziale della sua personalità racchiude soltanto la sensazione di sentirsi precipitare senza fine in uno spazio sotterraneo, oscuro e avvolgente, come se egli stesse sprofondando irrimediabilmente in se stesso disgregandosi. Una goccia dopo l'altra, in uno stillicidio regolare, il suo essere sgocciola, cola e travasa. La sua interiorità è sempre meno uno spazio o una sostanza, sempre più una soglia e il suo attraversamento.
Da ciò si capisce come il Bloom sia in fondo uno spirito libero - dal momento che è uno spirito vuoto»
Tiqqun, Teoria del Bloom
blossomed by ---gallizio
in empty dumpty spaces
Vulvet Underground

In vista del prossimo sedicente articolo sul nuovo numero di NO Magazine "Senza veli", ho inaugurato un altro blog autistico per raccogliere e condividere con voi voyeuristi tattili le mie scartoffie...
L'idea centrale, se mai ce ne fossero, è la seguente:
«[rispetto alle bambole
di Bellmer] Duchamp invece alla disposizione scenografica del corpo aggiunge un dispositivo (i buchi per gli occhi, lo squarcio
della caverna) che, oltre a sottolineare la funzione relazionale dello
sguardo crea delle barriere precise, che rendono possibile la 'scoperta' solo
nel momento in cui lo sguardo si attiva adeguandosi a quel dispositivo; di
conseguenza, anche l'installazione che è dall'altra parte esiste solo nel
momento in cui incontra lo sguardo del fruitore. Si potrebbe dire,
paradossalmente, che l'opera non c'e' fino a quando la curiosità del pubblico
non incontra il richiamo dell'autore» Franco Speroni, Sotto i nostri occhi, Costa&Nolan 1995Ebbene, sento gia' che siete piu' propensi a sposare la "visione inottica" di Lyotard, se non altro perchè nei suoi Transformatori ci ha regalato l'esergo fulminante che ho voluto inserire nel nuovo blog.
Ah!
dimenticavo... Oldacisio, varda, non farti soverchie illusioni: non è un blog che parla di figa....inumato da ---galllizio
nell'era fulva della vulva
Cinematik Bloom
Sembra che ogni traccia vivente di ciò che essi fecero e furono sia stata spazzata via dall'ostinazione maniacale del risentimento. Alla fine ciò che questo mondo ha conservato di loro non è che una manciata di immagini decrepite, aureolate per giunta dal compiacimento abietto per aver sconfitto coloro che erano comunque migliori di lui. Eccoci qui dunque, orfani di ogni grandezza, persi in un mondo di ghiaccio ove non si scorge alcun fuoco che segnali l'orizzonte. Le nostre domande sono destinate a rimanere senza risposta, ci assicurano i vecchi, anche se poi devono ammetterlo:
Hic e nunc - Gli uomini di questo tempo vivono nel cuore del deserto, in un esilio infinito e nello stesso tempo interiore. Tuttavia, ogni punto del deserto si apre all'incrocio di innumerevoli vie, per chi sa vedere. Vedere è un atto complesso; richiede che l'uomo si mantenga desto, che rientri in sé stesso e parta dal nulla che vi trova. Per questo, i Guardiani della prossima alba avranno familiarità anche con ciò, che l'esercito in rovina dei nostri contemporanei non ha altro impegno che fuggire. Come tanti altri prima di loro, dovranno sopportare il veleno e il rancore di tutti i dormienti di cui verranno a disturbare, con il loro semplice sguardo, il sonno di massa. Conosceranno il dispotismo dei filistei e si mescolerà alla loro sofferenza un accecamento volontario».
Tiqqun, Teoria del Bloom, Bollati Boringhieri 2004
non-vegliato da ---gallizio
Saturday, December 04, 2004
La Guia al tempo delle non-letture

Un giorno, ne sono certo, Guiona nostra scoprirà il fascino indiscreto della non-lettura. Per intanto, si crogiuola beata nella fausta inanitas
(memore forse del detto di Maldiney:
"Abisso di inanità, inanità dell'abisso")
La necessità di leggere quel che non cioè bisogno di leggere
LE MIGLIORI LETTURE SUPERFLUE SELEZIONATE DA EGGERS E RACCOLTE IN UN VOLUME DELIZIOSAMENTE
NON NECESSARIO
Avete presente quegli spot che passano ogni tanto in televisione, in coincidenza con copiosi sconti praticati su interi cataloghi di case editrici, quelli "leggete un libro" (sottinteso: uno qualunque,anche di ricette)? Avete presente quei conduttori televisivi che, consapevoli del proprio essere inascoltati, esortano a spegnere la tivvù e a leggere un libro?
Avete presente la morale terrificantemente noiosa che leggere è cosa buona e giusta, allunga la vita e il prontuario delle citazioni, fa bene alla salute, apre la mente (un po' come il liceo classico)? Avete presente quelle signorine di bell'aspetto che sussurrano "mi piace leggere" con lo stesso tono con cui dicono che tutto quel che chiedono a un uomo è che le faccia ridere? Ecco, il contrario.
The best american nonrequired reading non ha l'intento di migliorarvi. (...)
testo completo (per accedere: usr asger psw asger ;)
E poi ci sono le migliori letture superflue.
non guaito da ---gallizio
nell'ara guia in cui tutte le vacche sono guie
anti-image by ---gallizio
Thursday, December 02, 2004
Gallizio c'è
I principi della percezione visiva

La teoria della Gestalt
1. Le parti di un’immagine possono essere considerate, analizzate
e valutate come componenti distinte.
2. Una immagine è qualcosa di più e di diverso rispetto alla semplice
somma delle parti che la compongono.
I cinque principi
1. Il rapporto tra figura e sfondo
Ci permette di “leggere” l’immagine.
2. Le forme chiuse
Le forme chiuse hanno un carattere più stabile rispetto a quelle non chiuse.
Il nostro occhio tende a completare gli spazi vuoti e le forme non chiuse.
3. Continuazione
L’organizzazione della percezione porta lo sguardo a proseguire lungo
e oltre una linea retta o una curva.
4. Prossimità
Il raggruppamento percettivo è favorito dalla vicinanza tra loro delle parti.
Tendiamo a identificare come gruppi elementi vicini fra loro.
5. Somiglianza
Elementi visivi identici verranno raggruppati sulla base della forma,
della grandezza, del colore e della direzione
[Art 226, Graphic Design I, Department of Art, Illinois State University]
non percepito da ---gallizio
in a massive perception era
[Dis]mparare a leggere l'immagine

Il significato della fotografia sarebbe obbligatorio se il processo percettivo attivato dalla realtà si ripetesse identico davanti al rettangolo di carta che la raffigura; ciò non avviene perché il segno fotografico non si fonda sulle sole strutture profonde del processo neurovegetativo.
Il segno iconico è solamente analogo al reale ed è perciò che non ha bisogno di essere imparato, esistono tuttavia convenzioni sociali e culturali (prospettiva, educazione alla percezione) che ne orientano la lettura in modo spesso neppure omogeneo.
Il segno fotografico può essere pertanto letto per ciò che rappresenta l'immagine (livello denotativo) e per quello che simbolicamente significa l'immagine (livello connotativo). Quest'ultimo tipo di lettura deve essere imparato perché non vi può essere raffigurato ma viene istituito dalla tradizione culturale.
(...) Ecco allora perché occorre imparare a leggere l'immagine fotografica: per comprendere, al di là del processo tecnico creativo attraverso cui è stata realizzata, le implicazioni che derivano dal fatto che essa è lì, in quel determinato contesto come segno di una volontà precisa di comunicare.
[altrove]
Si sono già svolte alcune ricerche tendenti a definire le figure che più frequentemente si ritrovano nel linguaggio visuale. Personalmente ritengo che le più ricorrenti siano: ripetizione, luogo comune, enfatizzazione, preterizione, antonomasia, sineddoche, metafora, ironia, umorismo, allegoria, personificazione e paradosso.
La cosa risulta poi ancor più complicata per il fatto che tali figure non si presentano una per volta in ogni immagine, anzi sono spesso compresenti. È comunque possibile giungere, per ogni figura retorica, ad una ridefinizione adeguata all'impiego della comunicazione visiva.
Gabriele Chiesa, Linguaggio e immagine
disimparato da ---gallizio
nell'era delle "Scole chiùseee"
Saper vedere (1 - 2 - FREE)

«Quando annunciò l’era della produzione meccanica di immagini 50 anni fa, Walter Benjamin era consapevole che la teoria critica si trovava a un bivio di
carattere politico. Le nuove tecnologie del visuale offrono nuove procedure di espressione che hanno il potere di reificare o liberare l’uomo.
Oggi, alle soglie dell’era visuale, siamo di fronte alle stesse scelte etiche»
D.N. Rodowick
«Mc Luhan collocava il primato del visuale nell’epoca della stampa; io invece
direi che il “vedere” è una pratica costante nella storia dell’uomo, influenzata
in modo diverso dalla mediosfera dominante»
Regis Debray
«In semiotica un’immagine, così come la vediamo, è un insieme di informazioni visive e di assorbimento mentale. Le informazioni visive si presentano con
elementi significativi, la nostra struttura di riferimento (culturale)
interviene nell’assimilazione mentale»
[University of Northern Iowa, ODL course: “Reading images”]
non-letto non-imaginato da ---gallizio
non-reading university college era
("Reading, reading, che mammet'haffatto le immaggini...")
Il virus è il messaggio
Un esempio lampante del cortocircuito visivo.
non-leggetelo, se ne siete capaci
buttate anche una mezza occhiata al brandvirus da'abbocconi
(l'altra mezza alle dovute spiegazioni)
allego infine lampi musicali (remember: just do it!)
non-brandizzato da ---gallizio
nell'era di apereale slancio virale
Quando gli originali non ci sono più

“Ora mostro a lor signori quel testo. Mi consentiranno di esibire una fotocopia.
Non per diffidenza. Per non sottoporre a usura l’originale.”
“Ma quello di Ingolf non era l’originale,” dissi. “Era la sua copia di un presunto originale.”
“Signor Casaubon, quando gli originali non ci sono più, l’ultima copia è l’originale.”
Umberto Eco Il pendolo di Foucault
non-fotocopiato da ---gallizio
nell'era neo-copista
La sopravvivenza dei papiri

«La innovazione più significativa, che forse finì col togliere valore alla antinomia filologia/storia e alla discussione che ne era scaturita, fu la percezione che anche la ricostruzione testuale è nella storia, è un prodotto storico, ed è davvero comprensibile solo se collocata in un determinato tempo e dunque relativizzata. Ciò vale per il «metodo», le cui certezze si sono venute incrinando, e vale per la materia stessa su cui la critica si esercita: i testi come tali (e la cultura in cui nacquero) e i testimoni manoscritti(e le culture da cui furono prodotti, e che poi attraversarono). Una tale visione delle cose porta a concludere che storia e filologia coincidono: l' una è nell' altra. Se nondimeno nello studio delle civiltà antiche, dette «classiche», ciò è più agevolmente comprensibile, se ne può ravvisare la causa in questo: che in ultima analisi tutto ciò che di quei mondi ci resta è «testo». Per cui il nostro compito fondamentale è quello di accertare la fondatezza di una tale galassia di testi e porsi ogni volta la domanda: perché e come si è salvato. Il processo di conservazione è esposto notoriamente a forze distruttive. Un elemento così imponderabile è difficilmente quantificabile, ma va sempre tenuto presente. Esso però non deve offuscare in noi la consapevolezza del fatto che le scelte via via compiute da chi ci ha preceduto, da coloro che ben prima di noi si trovarono a fare i conti con la tradizione-matrice dell' «Occidente», hanno obbedito a criteri; i quali hanno contribuito a «condannare» ciò che da quei criteri esorbitava. Un forte correttivo è venuto dalla constatazione che il suolo e il sottosuolo dell' area grandissima su cui si sviluppò l'Ellenismo conservano ancora tracce e frammenti di altri testi (archeologici e, in alcune aree, letterari) provenienti direttamente da quel mondo.
La scoperta, e valorizzazione, di tale fonte indipendente rispetto alla selezione tradizionale (che era consapevolmente orientata) ha innovato o meglio dilatato immensamente l' orizzonte, e dato finalmente corpo e sostanza alla nostra possibilità di immaginare quell' intero che, se conservato, avrebbe dato le vertigini agli studiosi. Ma «intuire» l' intero non può essere procedimento meccanico bensì, ancora una volta, critico, comprensibile con l' aiuto della geografia prima di tutto e della storia. Mentre lastre, frammenti, frustuli di marmo (o piombo) recanti iscrizioni paiono a prima vista diffusi sull' intera area (dal Senatoconsulto sui Pisoni in Ispagna all' editto bilingue di Asoka in Afghanistan, dalle epigrafi di Kaïrouan presso Cartagine alla tavola di Lione), la sopravvivenza dei papiri è legata invece alle peculiarità del suolo di una determinata area, l' Egitto. (...) Senza una profonda conoscenza della storia dell' Egitto tolemaico e poi romano, bizantino e arabo, manovreremmo il materiale «papirologico» alla maniera del celebre lottatore bendato, il quale sferra colpi alla cieca e qualche volta, anche, coglie nel segno. Ma quel materiale pone a sua volta il problema della sua provenienza e della sua natura. Il fatto stesso che sia finito in discariche dove ha svolto per secoli soprattutto il ruolo di concime è un dato della storia della cultura (il declassamento di testi a rifiuti) e della storia sociale (il mutamento di cultura e di livello e stile di vita di interi ceti).
Già al momento in cui quei pezzi di rotolo furono messi in condizione di venir ritrovati (secoli dopo) essi erano materiali che non vivevano più, che erano scartati. La perdita di moltissimo materiale che era sopravvissuto sino alle soglie del XIX secolo è un buon antidoto al nostro inevitabile ottimismo. Commemoriamo a ragion veduta l'acquisizione della cosiddetta Charta Borgiana da parte del cardinale Stefano Borgia nell' anno 1778 (primo papiro greco-egizio approdato in Europa); è bene però sempre ricordare che esso faceva parte di un «lotto» di cinquanta rotoli di papiro, offerti al mercante che, mosso da curiosità, ne comprò uno. Gli altri quarantanove furono bruciati perché ai fellahin, di norma, risultava assai gradito l'odore che quel materiale mescolato al sebbach (sostanza organica in decomposizione) emanava».
Luciano Canfora, Presentazione a Introduzione alla filologia greca , a cura di H.G. Nesselrath e S. Fornaro, ed. Salerno, pagine XIV-978, euro 125
sans papier ---gallizio
during the papir-less era
Wednesday, December 01, 2004
Radio Koper Capodistria

Spegne, o meglio accende oggi il suo ennesimo candelotto il piccolo marco, artista di vaglia.
Lo festeggiano la zia jenka, con zarina&adina, il popolare domiciliato Giurg'ii Gan'z'rlji con Alexandra Gan'z'rljovna, S't'pan Pivovar, Rodislav Clementjevic (var of Kliment), Irinka Kropotka (alias Tina Olcese) con la piccola Vitla Katjusha Filippovna Pretolavna
che gli dedicano Bandiera Rossa
si aggiungono all'augurio i ripetitoristi di radio koper, le ballerine del Palo Conficto di Rjeka, oltre naturalmente agli odradek di bobi bazlen, di peter kolosimo e di virgilio giotti

ps: ciao marco, siamo alla frutta eh?
gia' che ci siamo eccoti la vera dedica:
La strada
Vardo 'na strada
de la mia zità,
che ghe sarò passado mille volte,
e no' me par de averla vista mai.
Le fazzade zalete, le boteghe,
un bar, dei àuti, e el fiatin de viavai.
Come la nostra vita, sì: vissuta,
finida ormai, e mai ben conossuda.
Virgilio Giotti, Colori
non sono tanto bastardo da dedicarti i veci che speta la morte :)
non-augurato da ---gallizio
anno 45 dell'era vaglista