Thursday, December 02, 2004
[Dis]mparare a leggere l'immagine

Il significato della fotografia sarebbe obbligatorio se il processo percettivo attivato dalla realtà si ripetesse identico davanti al rettangolo di carta che la raffigura; ciò non avviene perché il segno fotografico non si fonda sulle sole strutture profonde del processo neurovegetativo.
Il segno iconico è solamente analogo al reale ed è perciò che non ha bisogno di essere imparato, esistono tuttavia convenzioni sociali e culturali (prospettiva, educazione alla percezione) che ne orientano la lettura in modo spesso neppure omogeneo.
Il segno fotografico può essere pertanto letto per ciò che rappresenta l'immagine (livello denotativo) e per quello che simbolicamente significa l'immagine (livello connotativo). Quest'ultimo tipo di lettura deve essere imparato perché non vi può essere raffigurato ma viene istituito dalla tradizione culturale.
(...) Ecco allora perché occorre imparare a leggere l'immagine fotografica: per comprendere, al di là del processo tecnico creativo attraverso cui è stata realizzata, le implicazioni che derivano dal fatto che essa è lì, in quel determinato contesto come segno di una volontà precisa di comunicare.
[altrove]
Si sono già svolte alcune ricerche tendenti a definire le figure che più frequentemente si ritrovano nel linguaggio visuale. Personalmente ritengo che le più ricorrenti siano: ripetizione, luogo comune, enfatizzazione, preterizione, antonomasia, sineddoche, metafora, ironia, umorismo, allegoria, personificazione e paradosso.
La cosa risulta poi ancor più complicata per il fatto che tali figure non si presentano una per volta in ogni immagine, anzi sono spesso compresenti. È comunque possibile giungere, per ogni figura retorica, ad una ridefinizione adeguata all'impiego della comunicazione visiva.
Gabriele Chiesa, Linguaggio e immagine
disimparato da ---gallizio
nell'era delle "Scole chiùseee"