Saturday, January 29, 2005
Il bel rischio de le Grand Jeu

Dedicato a Dormiveglia
Il senso non è né prima né dopo l’atto
Jacques Derrida
Jacques Derrida
«Le Grand Jeu e' irrimediabile; si gioca una volta sola. Noi vogliamo giocarlo in ogni attimo della nostra vita. E per di piu' a "chi perde vince". Perche' si tratta di perdersi. Noi vogliamo vincere.

Ora, "Le Grand Jeu" e' un gioco d'azzardo, cioe' di destrezza, meglio, di "grazia": la grazia di Dio, e la grazia dei gesti.
Avere la grazia e' un problema di atteggiamento e di talismano. Nostro scopo e' ricercare l'atteggiamento favorevole e il segno che forza i mondi. Perche' crediamo a tutti i miracoli. Atteggiamento: bisogna porsi in uno stato di intera ricettivita', quindi essere puri, avere fatto il vuoto in se stessi. Per cui la nostra tendenza ideale a rimettere tutto in questione in ogni attimo. Una certa abitudine di questo vuoto plasma i nostri spiriti giorno per giorno. Una immensa spinta d'innocenza ha fatto cedere per noi tutti i quadri degli obblighi che un essere sociale e' abituato ad accettare».
tartito comunque tartito da ---gallizio
de la belle époque de le grand jeu
Friday, January 28, 2005
Un Decathlòn di seta
un nuovo progetto di rc & gallizio
«Ehi?!?»
[Eppure Dovrebbero arrivare di là....]
COMING SOON
il link al progetto sarà attivo dal 30 gennaio 2005
non-tartito da ---gallizio
nell'era del chi-vivrà-vedrà

«Ehi?!?»
[Eppure Dovrebbero arrivare di là....]
COMING SOON
il link al progetto sarà attivo dal 30 gennaio 2005
non-tartito da ---gallizio
nell'era del chi-vivrà-vedrà
Pour en finir avec le jugement de Bloom

Pour en finir avec le jugement de Bloom
______________________________
kré Bisogna che tutto puc te
kré sia disposto puk te
pek all’incirca li le
kre in un ordine pek ti
le e fulminante puc te pte
______________________________
1.
Sradicamento
Ogni sviluppo della società mercantile esige la distruzione di una certa forma di immediatezza, imponendo a ciò che prima era unito la separazione lucrativa di un rapporto. È esattamente questa scissione che la merce viene a sussumere, mediatizzate e mettere a profitto (…)
(Tiqqun, Teoria del Bloom)
2.
Che cos’è la Teoria?
La Teoria
è un stato,
uno stato di “siderazione”.
La Teoria è SENZA FINE
Di qui la necessità
Di PORVI FINE
Ritroviamo l’atto
In una relazione
Non-obbligata con la nostra potenza
(Tiqqun, Teoria del Bloom)
3.
letargo oppone alla realità sociale l’utopia
dei desideri (Jorn)
anarchismo creativocontro tutte le organizzazioni --------------------->
ma se il nuovo non permette organizzazioni
Il passaggio da una azione rivoluzionaria utopistica
ad una fase sperimentale attiva – può solo avvenire
alla base –nella massa senza passatocon uno scambio di esperienza – diretta
Fase che determinerà nuovi modi di scambionuove energie - di gioco - creando continuamente il nuovo e nella società uguale davantialle cose – non permetterà lo sfruttamento delle cosiddette mode – eliminando qualunque detentore di un qualsiasi brevetto. La società senza brevetto con scambio di esperienza perpetuanon può essere che la società situazionistasarà il non-ordine perché semprenuovo e quindi impossibile ad ordinare
Pinot Gallizio, frammenti inediti, in corso di pubblicazione per i tipi di Skira
3 bis
In questo principio di scambio sperimentale
emotivo – basato sulla nuova moneta-tempo
noi basiamo
lo studio rivoluzionario di un
nuovo calendario situazionista
delle emozioni…
elementi per una teoria degli scambi
riportandosi alla preistoria
riscoprire le cose elementari
.....
dimenticati
momenti della vita
partendo da uno zero
«Tempo è moneta» -------- società antibrevetto – tu insegni a me io insegno a te
la moneta del futuro sarà il tempo-spazio
ossia lo scambio tra situazionisti di
esperienze che avverrano in uno spazio-tempo
e l’ampiezza dei fenomeni determinerà
pure l’intensità
1) fra individuo e individuo
avverrà uno scambio di esperienze
che sarà dato da spazio-tempo
...... con un variante
d’intensità – che ne determina
il quoziente
2) lo scambio determinerà
una quantità di tempo-energia
per cui ci sarà una corrente
di scambio reversibile – con avanzo e
disavanzo – che definiremo –
elemento temporospaziale
unità di misura per una situazione di scambio
Pinot Gallizio, frammenti inediti,
4.
«Una volta che abbiamo parlato, mantenerci il più vicino possibile a ciò che abbiamo detto, perché le cose non restino nell’aria, le parole da un lato e noi dall’altro, insieme con il rimorso della separazione»
(Tiqqun, Teoria del Bloom)
5.
[Intanto il baedeker di Tiqqun fa oscena mostra di sé alla cassa delle librerie: l’ennesima estasi della spettacolarizzazione]
Ovvia conseguenza della presentazione del corpus del libro alla cassa è la non-lettura, tipica di Bloom…
6.
«Il libro non è scomparso, riconosciamolo. (…). Ci saranno ancora libri, e quel che è peggio, bei libri. (…)
Volantini, manifesti, bollettini, parole di strada o infinite. Non è pensando all’efficacia che essi si impongono.
Efficaci o no, appartengono alla decisione dell’istante».
«Si cercano dissidenti»
Maurice Blanchot, mix di scritti politici, Cronopio e Medusa
tartito da ---gallizio
nell'epoca rekombinatoria augurale
Tuesday, January 25, 2005
Tecnologia della non-resistenza

«Pst, pst, pst!
C'è qualcuno lì?
Un ascoltatore?
Un ammiratore?
Qualcuno di cuore, almeno?
Bene. Salute e pazienza, virtù guerriera».
Dalle montagne del sudest messicano.
Subcomandante Insurgente Marcos
Messico, agosto del 2004, 20 y 10.
Guarda il disordine di stelle sparse, il cielo che leva il viso scuro d'ombra, la luna che lancia strali di luce tra le nuvole.
Senti? Oramai solo il mormorio della notte, alcune gocce di pioggia che cadono con evidente ritardo sui tetti di lamiera, un cane che simula l'eco del suo latrato con la complicità di altri.
Vieni, camminiamo ancora, trasformiamo lo sguardo in una testimonianza.
Accendi la mente, vedi quello che si vede e quello che non si vede.
Attenzione! Già appaiono le prime lettere.
Si suppone che dovrebbe apparire uno schermo, qualcosa tipo immagine ed audio ed un comando a distanza. Si suppone, ma no... Invece dello schermo e del telecomando appare un cartello in cui si legge:
IL SISTEMA ZAPATISTA DE TELEVISIONE INTERGALATTICA PRESENTA ...
UN VIDEO MOOOOLTO SPECIAAAALE!
Sombraluz cambia il cartello con un altro su cui si legge, ora in caratteri scritti in corsivo:
L'ASSENZA DI AUDIO E IMMAGINI IN QUESTO VIDEO NON E' PER MANCANZA DI TECNOLOGIA, MA PER QUELLO CHE SI CHIAMA "TECNOLOGIA DELLA RESISTENZA".
Mmh, quindi un video senza immagini né audio... A partire da questo momento il "video alternativo" sarà proposto con cartelli in successione, con lettere di diverso tipo, dimensione e colore. Si accomodi dove può e come può, e legga...
non-letto da ---non-comandante galizios
nell'epoca della dialettica in posizione di arresto
Thursday, January 20, 2005
Mobil Heimat

«Sempre pronto, la sua casa è portatile,
egli vive sempre nella sua patria»
Franz Kafka
espatriato da ---gallizio
nell'epoca dei nuovi decori mobili
Gli uomini spontanei

«Questo lasciarsi andare e lasciarsi venire, questo distribuirsi inutilmente nell’aria. Non so se avete l’idea del nuoto, del piacere che si ha nel sentirsi andare nell’acqua. E questa è la spontaneità.
Spontaneità che è congenita in fondo: non si può insegnare, non si può imparare. se arriva… arriva da sola. Gli uomini spontanei sono spontanei non per colpa loro, ma per colpa di una struttura diversa.»
Pinot Gallizio
In the beginning was the image
I media sovrani

The sovereign media insulate themselves against the hyperculture. They seek no connection; they disconnect. This is their point of departure we have a liftoff. They leave the media surface and orbit the multimedia network as satellites. These doityourselfers shut themselves up inside a selfbuilt monad, an "indivisible unit" of introverted technologies which, like a room without doors or windows, wishes to deny the existence of the world. This act is a denial of the maxim "I am connected, therefore I am". It conceals no longing for a return to nature. They do not criticize the baroque data environments or experience them as threats, but consider them material, to use as they please. They operate beyond clean and dirty, in the garbage system ruled by chaos pur sang.
Their carefree rummaging in the universal media archive is not a management strategy for jogging jammed creativity. These negative media refuse to be positively defined and are good for nothing. They demand no attention and constitute no enrichment of the existing media landscape. Once detached from every meaningful context, they switch over in fits and starts from one audiovideo collection to the next. The autonomously multiplying connections generate a sensory space, which is relaxing as well as nerveracking. This tangle can never be exploited as a trendsensitive genre again. All the data in the world alternately make up one lovely big amusement park and a fivestar survival trek in the paranoid category, where humor descends on awkward moments like an angel of salvation and lifts the program up out of the muck. Unlike the "antimedia", which are based on a radical critique of capitalist (art) production, the sovereign media have alienated themselves from the entire business of politics and the art scene. An advanced mutual disinterest hampers any interaction. They move in parallel worlds which do not interfere with each other. No antiinformation or criticism of politics or art is given in order to start up a dialogue with the authorities. Once sovereign, media are no longer attacked, but tolerated and, of course, ignored. But this lack of interest is not a result of disdain for the hobbyist amateur or political infantilism; it is the contemporary attitude towards any image or sound that is bestowed on the world anyway.
(...)
I media sovrani non si sentono più obbligati a fare dei riferimenti alla "maggioranza" mainstream. L'atto di dichiarare la sovranità della propria trasmissione mediatica si lascia alle spalle polarità dialettiche come grande/piccolo, maggiore/minore, largo/stretto, alternativo/mainstream, e pop/elitario.
I media sovrani hanno affermato molto tempo fa la loro dichiarazione di indipendenza e non si preoccupano neanche indirettamente dell'utente medio, della gente normale o del signor Rossi. L'unica funzione dei mass media è produrre materiali grezzi, dati-spazzatura che i produttori di media sovrani possono recuperare liberamente e reinterpretare nei loro cut-up.
Adilkno
sovereigned by ---gallizio
in the sovereign Ltd era
Wednesday, January 19, 2005
L’ansia di vedere

Il mondo si divide sempre più tra coloro che guardano
e coloro che sono guardati, ma non necessariamente visti.
(Marc Augé)
Dal Tg3-mattino dell’8 agosto 1999 ho appreso che all’interno di un centro commerciale degli Usa è stato costruito un cubo trasparente. All’interno del cubo un chirurgo pratica, seduta stante, un’operazione agli occhi. All’interno degli occhi è praticata una piccola cesura alla retina che permette di curare la miopia.
La miopia è il logorio dello sguardo. Quasi una resa di fronte al troppo vedere. La miopia è una mancanza che soffre di contorni ed orizzonte. Ha bisogno di un taglio per riprendere vigore - come i surrealisti intuirono, con l’occhio tagliato di Buñuel.
Il cubo trasparente è la scelta di mettere in mostra quello che vi accade all’interno, rispettando le esigenze del luogo, il centro commerciale.
Lo spazio definisce il gesto che contiene, il centro commerciale è un ‘negozio di grande distribuzione’. Commercializzare in senso seriale una operazione chirurgica fa parte del limite che sperimentiamo già da tempo - siamo già oltre la preoccupazione etica per il commercio di organi, la clonazione, la chirurgia estetica; la preoccupazione consiste nella loro sistemazione nel mercato?
Consumatori in fila ad aspettare il proprio turno o consumatori in fila a guardare lo sguardo dell’altro. Una fila di alienazione commerciale e voyeurismo tossicodipendente. Il lavoro del medico è quanto di più intimo ci rimane nel rapporto col nostro corpo; messo in mostra di sé, esattamente ‘in vetrina’, perde questa valenza perdendone il valore.
L’occhio che guarda l’operazione di un occhio, l’occhio che guarda l’organo che lo guarda. ‘Guardiamoci negli occhi’ non ha più niente a che vedere con i nostri occhi ‘specchio dell’anima’, ma passa attraverso vetrine e bisturi.
La trasparenza può essere un imperativo violento, e l’ansia di vedere diventa cecità.
Paola Turroni
strizzato da ---gallizio
nell'era miope della metopa
Saturday, January 15, 2005
USQ 2.0

“Certo è innegabile che secondo l’opinione dei non matematici tutti questi antichissimi sogni atavici si sono avverati in modo totalmente diverso dall’immaginazione primitiva.
Il corno da caccia di Münchausen era più bello di una voce conservata in scatola,
lo stivale delle Sette leghe era più bello dell’automobile,
il regno di re Laurin era più bello d’una galleria ferroviaria,
la magica radice della Mandragora era più bella di un fotogramma,
mangiare il cuore della propria madre e capire il linguaggio dei passeri era più bello di uno studio zoopsicologico sulle modulazioni espressive e affettive della voce degli uccelli.
Noi abbiamo conquistato la realtà e perduto il sogno”
Robert Musil, USQ
non-letto da ---gallizio
nell'epoca dei controlli di qualità
Thursday, January 13, 2005
L'attore necessario

L’attore di teatro è destinato a scomparire, soffocato da una società dello spettacolo che punta tutto sull’immagine. Accantonata l’idea dell’attore come portatore di verità, anche crudeli, tipica del miglior teatro novecentesco, se vuole ancora avere diritto di esistenza, l’attore di teatro contemporaneo deve fare propri gli stilemi recitativi della televisione e del cinema. Oppure deve farsi protesi di un “sistema della moda” che gli impone di essere divertente o narrativo, il più possibile lineare, senza troppo turbare l’ascolto, e sempre incanalando la sua creatività verso modalità che ne limitano fortemente il potenziale espressivo. Questo dato di fatto fa impazzire. È come se il teatro snaturasse se stesso per adeguarsi ai tempi. Attore oggi vuol dire: corpo piacevole, messo in mostra ben rifinito, imitando caratteri umani, tramite di pensieri superficiali, banali, nei limiti di un senso comune tendente al ribasso; vuol dire: illusione di sentirsi liberi di esprimere, esprimendo in realtà nient’altro che l’ordine del denaro. La fine dell’attore come essere teatrale, dunque come corpo insieme gratuito e terrifico, coincide così con l’affermazione di una giostra dei divertimenti che non distingue più tra umano e macchina, che lo rende aderente ad una esposizione tranquillizzante, da narcotico serale. Viene simulata una realtà pacificata che non esiste e che, nel tacere il crudele dell’umano, esalta il simulacro della macchina. L’attore è liquidato, e con esso il teatro. Per recuperare il teatro a se stesso, allora, c’è bisogno di un nuovo modo di essere attore. Ma parlare di un attore necessario, al di fuori del teatro costituito, oggi non può che dare luogo a disagio, perché costringe alla solitudine. Eppure, all’interno di un contesto ormai in decadenza, e se non si vuole a questo soccombere, si deve opporre resistenza: si deve cioè continuare a cercare l’essenza del teatro, che è l’attore; e si deve agire il gesto, la voce, il movimento, in una parola la recitazione, dispiegandola come sintomo dell’orrore del mondo e sempre al di là dello spettacolo odierno. Chi crede che il teatro possa ancora aprire interrogativi nuovi, non deve smettere di spingere la recitazione oltre le convenzioni che la rendono quanto mai bloccata; oltrepassare il limite è già aprire spazi di libertà. È in questo senso che ho elaborato una pièce sull’opera letteraria di Samuel Beckett; pièce che è prima di tutto uno studio sull’arte dell’attore, oltre che un tributo alla scrittura non accomodante dell’autore irlandese. La pièce diventa, in tal modo, una sorta di concerto assurdo e crudele, in cui l’attore, recuperando la resistenza che i personaggi beckettiani oppongono all’incomunicabilità e al decadimento, si pone al limite del teatro, tenda al “canto”, al suono dissonante, alla lacuna del silenzio.
Samuel Beckett, forse
Studio per un attore necessario
Giovedì 9 dicembre 2004, Teatro Camploy, Verona
nevio gàmbula
non postato da ---gallizio
nell'era della gambula sifula e sifilitica
Tagliatelle alla piemontese

In questo mondo affannato acquista spicco di gigante la figura di un vecchio
signore piemontese, la cui memoria va al di là di ogni possibile lapide.
Era un austero, come è logico, eppure non mangiò mai tagliatelle che non
fossero state impastate con abili manipolazioni di natiche da una sua speciale
cuoca. Peso e forma di costei concedevano all'impasto delicato un amalgama
altrimenti inarrivabile. E quando morì, sdraiato, immenso e duro nel suo gran
letto dopo due mesi di forzato digiuno, due cose con l'ultimo fiato richiese.
Un tocco di gorgonzola e una bottiglia di certo suo Barolo.
Arrivò il gorgonzola e se lo fece passare sotto il naso, a occhi già chiusi.
Arrivò quindi il vino, una nera bottiglia. Gliela aprirono e la lasciarono stappata vicino
al letto. Dopo un minuto o due l'aroma barolesco cominciò a salire nella stanza.
Il vecchio tendeva le narici, poi alzò la mano. «Bastardi», disse ai parenti
gessosi immobili attorno, «non è il Barolo della terza nicchia...».
(Giovanni Arpino)
non-manipolato da ---gallizio
nell'era affannatica dalla vulvola
Tuesday, January 11, 2005
La città di Brecht - Suite du ténèbres

«Un giorno sarai cieco, perduto nel buio...
(finisce la sirena, si toglie la maschera [antigas] e parla ansimante,
dopo aver raccolto il suo libro)
Io ho cercato di parlare un'altra lingua.
Mi sono rivolto alle fonti migliori.
E ne ho raccolto le testimonianze.
Non c'e' una parola qui dentro, Anna, che non sia dura come il ferro.
Tutto costruito come una cattedrale.
Forse, Anna, dovremmo dimenticare. Dimenticare.
Magari ci salviamo. Perchè la memoria uccide.
Capisci, Anna, tutti questi documenti
che ho raccolto nel tempo segnano la mia morte.
Ed io continuo a raccoglierli, anche se sono inutili.
Io conservo documenti per un'epoca che non li comprenderà
o che vivrà così lontana da quanto è accaduto che dirà che ero un falsario»
(Nevio Gàmbula)
è uscito hortus musicus, non perdetevelo
non-carpito da ---gallizio
nell'era teatrica tetra
Friday, January 07, 2005
Essere Clemente con Guy

«Le rare opere della mia gioventù sono state speciali.
Bisogna ammettere che le univa un gusto della negazione generalizzata»
«Io ho esordito con un film senza immagini, il lungometraggio Hurlements en faveur de Sade, nel 1952. (...). Asger Jorn mi ha procurato, nel 1958, un'occasione per spingermi ancor più lontano.
Ho pubblicato delle Memoires che francamente si componevano solo di citazioni molto assortite, senza neppure che ci fosse una frase, anche breve, scritta da me. Ho regalato quell'anti-libro ai miei amici, tutto qui»
Nessun altro era stato messo al corrente della sua esistenza.
“Volevo parlare la bella lingua del mio secolo”.
Non tenevo in modo particolare ad essere ascoltato».
«Nel frattempo, nel 1953, io stesso, con un gessetto, avevo scritto su un muro di Rue de Saine annerito dalla patina degli anni il temibile slogan
NON LAVORATE MAI
Dapprincipio si era creduto che scherzassi».

«Così le mie Memoires, dopo trentacinque anni, non sono mai state messe in vendita.
La loro notorietà deriva dall’essere state diffuse solo alla maniera del potlach: sarebbe a dire del regalo di lusso, che sfida l’altro a restituire in cambio qualcosa di ancora più estremo.
Persone così altezzose mostrano in questo modo di essere capaci di tutto,
ma nel loro senso»
Guy Debord, Attestati, in “guy debord (contro) il cinema”
non-lavorato da ---gallizio
nell'era del travaglio virtuale
Guy Debord è antiquato

Il 14 settembre 1988, Baudet ha l'idea di comunicare al suo entourage
la sinossi di un libro di un certo Günther Anders. Ne invia una copia a Debord
(Cher Guy), accompagnata da una frase d'accompagnamento nella quale scrive:
"Circa un anno fa, Floriana aveva rifiutato la brutta traduzione di un libro
scritto nella sua lingua d'origine, il tedesco, ma in un modo, ahimè,
scolastico e pedante (Günther Anders: Die Antiquiertheit des menschen / L'uomo
è antiquato). Per quanto questo rifiuto fosse giustificato, tuttavia è
dannoso ignorare ciò che questo libro contiene. Ecco dunque un riassunto
molto libero del primo volume, scritto nel 1956". [il secondo volume e' qui]
Questo riassunto (pubblicato in allegato al libro di Martos) fa intravedere
che Anders anticipava di trent'anni i Commentari sulla società dello
spettacolo di Debord.
Facendo circolare questa sintesi, Baudet, grande ammiratore di Debord,
pensava di avere a che fare con un intellettuale sincero che sarebbe stato
felice di scoprire un predecessore delle sue teorie, vedendovi una prova
supplementare delle solide basi del suo pensiero.
Forse per mancanza di abilità, oppure per sottomissione, Baudet segnalava a
Debord i punti deboli del suo lavoro: "La mia terminologia non è sempre
quella d'origine, poiché una traduzione più fedele in questo caso avrebbe
considerevolmente allungato la salsa", fornendo così la fune a cui farsi
impiccare.
L'arte di eludere gli affari imbarazzanti
Il 22 settembre 1988, Debord risponde a Baudet. Il "caro Jean-Pierre" dei
giorni felici lascia il posto ad un glaciale "Jean-Pierre Baudet": "Il
riassunto molto libero della traduzione del tedesco-americano, che nel 1956
ambiva, se ho buona memoria, a sposare la metafisica con il giornalismo, e
che il grande successo del libro di Boorstin ha cacciato nell'ombra prima
che i contestatori, negli Stati Uniti degli anni successivi abbiano potuto
disporne, è in effetti ben epurato. Certamente questo Anders acquista grande
attualità se gli si fanno usare alcuni termini presi dai più recenti
commentari sullo spettacolo (1). Ma allora non bisogna dire che è un
"riassunto molto libero", che la terminologia "non è sempre quella d'origine",
e che una "traduzione più fedele" avrebbe occupato troppo spazio. È svelare
il segreto, e rischiare di togliere tutto il suo sapore alla mistificazione.
Per farne gustare tutto il lato comico, sarebbe necessario affermare all'opposto
che si tratta della più rigorosa e più onesta traduzione. E perché no? Chi
se ne frega?"
Il tedesco-americano aveva delle ambizioni, il successo di un altro lo ha
cacciato nell'ombra, i contestatori non si sono appropriati delle sue idee,
è un fallito!
Contrariamente ai matematici, per i quali la teoria è un mezzo di
conoscenza, cioè un luogo di seduzione, di competizione e di sacrifici
rituali, per Debord la teoria era il luogo abbandonato e deserto dove la
teppa si dà appuntamento per regolare i suoi conti.
Da questa risposta si comprende che Debord conosceva Anders.
Le accuse di mistificazione e di disonestà che rivolge a Baudet, dimostrano
che si è sentito messo in discussione nella sua posizione d'intellettuale dominante.
Questo lascia intendere che il libro di Anders non era sprovvisto d'interesse
e costituiva un pericolo per l'originalità di Debord.
Perché, altrimenti, una tale reazione a proposito di un libro senza successo?
credit: neurogreen
non-clonato da ---gallizio
nell'era delle debordanti bordate
Wednesday, January 05, 2005
Sentieri Vaglieri

«Sulla stradaccia sassosa che da Varallo sale a Campertogno un cavaliere sbuca di gran trotto fra i noci e i castagni che costeggiano il torrente.
Davanti alla chiesa il cavaliere è smontato di dal suo morello fumante ed è già circondato da quelli della piazza. Viene da Varallo con un messaggio urgente per Milano Sola, e son brutte notizie. Racconta che milizie comunali valsesiane e vercellesi hanno fatto dei prigionieri a Serravalle e non tarderanno a salire anche a Scopa, Scopello e Campertogno.
La notizia fa il giro del paese, dove quasi non c’è una famiglia che non abbia qualche Scarmigliato Apostolo sotto il proprio tetto…»
Edgardo Sogno, La croce e il rogo – storia di Fra Dolcino e Margherita
Tuesday, January 04, 2005
Alfabeto e Oblio

«L'alfabeto ingenera oblio nelle anime di chi lo imparerà: essi cesseranno di esercitare la memoria perché fidandosi dello scritto richiameranno le cose alla mente non più dall'interno di se stessi, ma dal di fuori, attraverso segni estranei: ciò che tu hai trovato non è una ricetta per la memoria, ma per richiamare alla mente. Nè tu offri vera sapienza ai tuoi scolari, ma ne dai solo l'apparenza, perché essi, grazie a te, potendo avere notizie di moltissime cose senza insegnamento, si crederanno d'essere dottissimi, mentre per la maggior parte non sapranno nulla; con loro sarà una sofferenza discorrere, imbottiti di opinioni invece che sapienti».
Fedro, 275 a-b
credit rc