Friday, February 25, 2005
Farsi carico dell'immagine - 1


“Per molti Lei è incomprensibile,
nella misura in cui la sua opera
esprime una visione cattolica del mondo:
una visione che, con un neologismo,
oserei chiamare totalitaria.
Lei è un poeta, un drammaturgo cattolico
in mezzo a una cristianità in decomposizione,
che non si riconosce più nello specchio
che Lei le mette davanti.
Del resto, come potrebbe esser capito dal mondo moderno
uno come Lei che non ha imitato nessun libro se non
il Libro dei libri, la Bibbia, da Lei così amorosamente
saccheggiata, diventata oggi l’unico argomento che la stimoli,
come se la sua unica missione quaggiù fosse quella
di essere il poeta che guarda la Croce –
da cui tanti altri occhi distolgono lo sguardo –
e di interpretare le immagini dell’Antico Testamento,
che annunciano e prefigurano questa Croce”.
François Mauriac, rispondendo a Paul Claudel
in occasione della sua elezione
all’Académie française (1947)
tartito da ---gallizio
nell'era parvula della specula
Tuesday, February 22, 2005
Fenomenlogia delle Langhe

«Quella fetta di Piemonte è fertile e buffa: sa produrre menti straordinarie portatrici di idee rivoluzionarie e originali eppure là non succede mai nulla, è luogo misterioso, variegato e misconosciuto. Si capisce calpestando quella terra come Fenoglio, Pavese e Pinot siano un suo frutto non meno del Barolo».
Ezio Bosso, a margine de La via di Mille e una cometa
tartito da ---gallizio
nell'epoca delle faravosche a gogo
Monday, February 21, 2005
Noi che desideriamo senza fine

«Preparando il mercato delle energie naturali, il neocapitalismo assorbe anche l'elemento che lo distruggera' a piu' o meno lunga scadenza: la gratuita'.
Cosi' si annuncia, da un'epoca in cui il parassitismo economico pretende di carpire il denaro da una sopravvivenza all'agonia, il tempo di una gratuita' produttiva sulla quale si fondera' quella gratuita' della vita che non sara' rivendicata invano»
Raul Vaneigem
tartito da ---gallizio
nell'epoca dell' IN ART WE TART
Friday, February 18, 2005
Evanae Litterae

«Affascinante e scontroso, generoso e un po’ mattoide,
di curiosità onnivora e di entusiasmi adolescenti,
ma come velati da una malinconia, dalla memoria
di una ferita originaria.
Ha una cadenza veneta musicalissima e il vispo
occhio parlante, inventa bugie meravigliose,
piene di fantasia (perdipiù contagiose),
appare spesso indiscreto e amorevolmente invadente,
prova attrazione (giocosamente erotica
e quasi da “entomologo”) verso le “lolite”,
e soprattutto è un pessimista che ama la vita
in un modo spossante, vorace.
Un personaggio attraverso cui si racconta inoltre
un pezzo di storia culturale italiana. Soffermandosi
sulla sua opera scopriamo infatti che si passa
da un realismo “favoloso” (insolito in tempi
di neorealismo impegnato) ad uno crudele e ironico
e poi ancora grottesco-satirico e infine
dopo una esperienza di febbrile giornalismo
in giro per il mondo, a riferire di guerre e paesi lontani
(spinto dalla percezione di una insufficienza della letteratura)
approda a un ispirato catalogo di sentimenti primari».
«La differenza tra la narrativa dell’Ottocento e quella del Novecento
è che la prima è costruita come un’architettura
e la seconda è modulata come una partitura musicale”
(e forse in questo secolo la letteratura
si presenta come video, prima di sparire)».
Filippo La Porta
recensisce sul Foglio
Raffaele La Capria,
Caro Goffredo. Dedicato a Goffredo Parise
tartito da ---gallizio
nell'era della sillabazione degli uomini spontanei
Thursday, February 17, 2005
Qui non è più adesso

«La tele-azione consiste nel trasferire a distanza tutti i sensi dell'uomo. Con il guanto della simulazione virtuale si può trasferire il tatto. Oggi un programma permette già di abbracciare una persona a distanza. Quest'anno sono stati inventati i captatori d'olfatto, ci stiamo preparando a un tele-olfatto. Non manca che il telegusto. Il trasferimento dell'essere a distanza rimette in causa i fondamenti della filosofia. Il famoso "essere" si accompagnava infatti al "qui e adesso". Per lei e per me che non siamo filosofi, essere qui e adesso si sapeva quel che voleva dire. Oggi, l'adesso è più importante del qui. Io posso essere altrove restando sempre qui. "Qui", spazio reale, cede il posto a "adesso", tempo reale. Il luogo non conta più, questo è importante. Il tempo reale è un modo di entrare nello spazio mondiale. L'immediatezza favorisce il predominio dell' adesso sul qui. Qui non è più adesso».

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«Ogni volta che si raggiunge una velocità superiore si a accede a nuova informazione. Detto in altro modo, la velocità non serve solo a spostarsi da un punto all'altro ma anche a vedere e comprendere in altro modo. Prima di tutto perchè si focalizzano delle relazioni e degli elementi a discapito di altri, poi perchè ci si impadronisce del mondo in un altro modo. L'aviazione ha modificato la nostra visione del mondo. Ogni velocità è un elemento di rinnovamento dell'informazione. Il mondo non è più lo stesso. Faccio sempre un esempio: qual'è il vero albero ? Quello percepito da fermo (fermo immagine) dove lo si distingue per ogni ramo, ogni foglia, in ogni ombra che vibra ? Oppure è l'albero che si piega che vedo dal finestrino del TGV ? In effetti sono entrambi veri. Solo che veniamo da una società che produceva delle velocità molto deboli, poi delle velocità relative, infine la velocità assoluta delle telecomunicazioni, quella delle onde elettromagnetiche. Oggi siamo obbligati a considerare il fatto che la realtà (diciamo l'albero) è sia l'oggetto netto, geometrico (il disegno di Duhrer assolutamente perfetto) che il piegarsi dell'albero grazie dalla vibrazione provocata dallo spostamento rapido che rende i primi piani mossi mentre si distinguono bene gli sfondi. Si può estendere questo ragionamento a tutti i piani».
Si potrebbe dire che, in questo caso, la simulazione della crescita dell'albero sullo schermo del pc grazie a dei metodi matematici fa parte di questa modificazione della percezione che è anche un arricchimento del nostro universo informazionale
«Si, certamente, questo è permesso dalla velocità del calcolo e non dalla sua potenza. Insisto, potenza è un'espressione metaforica. Prendiamo l'esempio dell'informazione e della moneta. Quest'ultima è passata dalla terza dimensione con la moneta metallica, alla seconda dimensione con la moneta di carta, poi alla dimensione zero a impulso elettronico. Questo fenomeno che riguardava una materialità, la moneta metallica, oggi riguarda ogni materialità. La scomparsa della moneta metallica che si lancia per aria è anche un mondo che da qualche parte perde la sua estensione a favore dell'intensità degli scambi. La velocità dissolve lo spazio a favore del tempo, il tempo reale domina lo spazio reale».
(Paul Virilio) credit mcs su [RK]
maltartito da ---gallizio
nell'epoca "rapidite, rapidite!"
Wednesday, February 16, 2005
Bamboolah

Bamboolah
ero un libro da leggere
lo capivi anche tu
tartito da ---gallizio
nell'era del pesce da friggere
Saturday, February 12, 2005
Passare al Bosco

«Col mio maestro Vigo sono d'accordo che a noi riesce soltanto tracciare prospettive dai bordi piu' o meno rilevati e netti - piste boschive attraverso il folto del fogliame.
Innanzitutto noi dobbiamo rinunciare alla volonta', alla presa di posizione.
Il vero storico e' piuttosto un artista, soprattutto un poeta tragico, anziche' un uomo di scienza»
(Ernst Jünger, Eumeswil)
tartito da ---gallizio
nell'era decespugliante dell'imboscata
Thursday, February 10, 2005
Siamo solo bocca

Un continuo pensiero, ostinato
e gli occhi miei si chiudono solo a guardarmi dentro

tartito da ---gallizio
nell'era sadiana carmela annamo bbene
Sardonico Sardanapalo




“Perché è giusto che ognuno rimanga fedele al suo destino”
Roger Caillois, “La Roccia di Sisifo”
“Possano altri dire il sì che noi non abbiamo pronunciato mai,
possa la loro volontà desiderare soltanto di raggiungere il fine che persegue,
e cresca con gli ostacoli che incontra, cresca con le sconfitte che subisce,
cresca con le vittorie che riporta”
Roger Caillois, “La Roccia di Sisifo”
«La grandezza di un NO è nella potenza dell’istante.
Il magma si battezza a caldo, quando, nell’impazzamento del calore, ogni direzione sembra possibile. Questo è il momento decisivo. Lì si separa il SÌ dal NO. Poi il raffreddamento del magma in lava porterà alla statica algebra della pietra. Puro accidente. Ininfluente. Un sasso buono da lancicchiare nel lago di Massaciuccoli. O da gettare intatto tra le onde di Chia.
Dicono che nell’esistenza di ognuno vi sia un atto, un gesto o un evento che, letto a ritroso e proiettato in avanti, dia senso ed illumini la vita intera. L’epopea di Riva e di Bianciardi sarebbero inconcepibili senza quei NO. Il fantastico sta tutto nell’inconcepibilità di quei NO irragionevoli e irricevibili, che violano l’interdetto, il luogo comune su cui tutti convengono (“Non si può dire NO alla Juventus”).
(...) Ora, non esiste niente, non appare, se non trasgredisce e non rompe improvvisamente una regolarità stabilita e che sembra imperturbabile.
“Non si possono violare tutti gl’interdetti.
Ma ciò che conta è soltanto l’infrazione. È la sovranità.
Il pensiero è un interdetto inutile” (Georges Bataille, La pura felicità)” »
FP, Aprire il fuoco/Chiudere la partita - gl'impensabili NO di Luciano Bianciardi e Gigi Riva
tartito da ---gallizio
nell'epoca del quinto moro
Wednesday, February 09, 2005
I Prossimi Titani

Ritirare la maglia dell'eroe,
l'armatura del paladino,
e' una depénse affettiva,
potlach che vorrebbe restituire ad usura le sue gesta,
tentare di sigillare per sempre una zona di sensibilità calcistica immateriale.

Un processo alla tenerezza, anche.
Con tutta la goffaggine pallonara dello showbiz,
sin troppo aduso a profanare templi.
Meglio tartire in fretta.
Ritirarsi e dirsi addio.

ciao titano.
Fracassaci ancora una traversa, quando puoi
tartito da ---gallizio
nell'era in cui si vendon le rive della senna
Tuesday, February 08, 2005
Il campo di calcio è un prato rasato, ma mica tanto

Il campo di calcio è un prato rasato, ma mica tanto.
Così pare a voi che in campo vi giocate soltanto le due palle degli occhi.
Il vostro tifo temporalesco scarica una grandinata d’occhi sopra quest’erba tenera. Due palle con dentro le iridi, mille decine e decine di palline.
Noi giochiamo con la terza, unica e sola sopra questo campo crivellato.
E, come un aratro da sotto, tagliando la terra, emergono all’aperto, a volte, donne sul prato. Vomeri di donna, la guancia premuta al ginocchio, una gamba ripiegata come un coltro (la vela tagliente dell’aratro), la coscia che risale tutto il tronco, lo stinco che discende, un braccio che circonda l’acutangolo, la mano smalta un piede, l’altra lo tiene.
Come la pagina di un libro aperto, l’altra gamba è ripiegata uguale,
l’esterno della coscia e del polpaccio sopra l’erba.
Quello sguardo filosofico sull’unghie, il labbro di sotto risucchiato in bocca e stretto un po’ tra i denti, o quello sopra, o sarà la lingua un poco stretta tra gli incisivi e un po’ sporgente come un’aporia (decisione, perplessità, slancio e attesa, tra sospensione e proseguimento). Una donna che fende da sotto, no, voi non la vedete.
Uno di noi sì, la vede sulla tre quarti d’attacco dove le macine del fuorigioco sminuzzano i decimetri, i centimetri; e la luce che c’è tra noi e l’ultimo uomo è fatta a fette, laminata in abbagli d’acciaio, ondulata in oscillanti dubbi d’ombra. Come nel deserto il sole in testa: l’avanti ruota all’indietro, la destra sta a sinistra, l’alto si insabbia in basso, il basso scivola sulla buccia di un barbaglio e ridicolmente per un poco vola. Oppure uno di noi la vede, quella donna, la vede sulla fascia, sulla corsia più rapida e più pazza: da una parte c’è tutto il campo, vasto come un fianco che si estende verso un corpo, e tutto può succedere di bello, dall’altra parte, dopo un osso d’anca, lo stesso campo finisce, e tu corri rasentando un profilo, e se la palla esce non esiste più.
Se a lei scivola una ciocca sulla coscia accanto al viso, per te è come se quei capelli ti scorressero nel sangue, forse a sferzarlo come un cavallo rosso, forse a irretirlo come una poltiglia. E la linea bianca laterale, che attira e che respinge, schiocca come un cavo teso da un transatlantico e si spezza al largo, tu corri e lo schianto ti insegue. E c’è chi la vede nell’area di rigore, sotto porta, come in un paese: lei che si dà lo smalto sulla soglia, seduta, con la schiena a fil di stipite. Il giocatore in attacco quando sente la rete è come se si spogliasse, ogni casacca a colori è una camicia bianca, la sbottona, la sfila dai pantaloni come se, nel tirar fuori quelle falde, cercasse l’elevazione, salta su una gamba per liberare l’altra da quella dei calzoni, diventa obliquo al suolo ma si libera, cambia piede d’appoggio, gira su se stesso, fa volare l’ingombro della stoffa, e adesso tocca al viso. Tu puoi essere scienziato, professore, politico, puoi esprimere un pensiero come strizzando una ramazza che ha sguazzato su mattoni sapienziali, tu puoi venirci a insegnare qualcosa, ma io ti dico che quel viso te lo sogni.
Il mio viso sotto porta, la mia smorfia che tu in anni di concentrazione non hai mai sentito correre sulla faccia. Tutti i miei nervi nudi sopra il viso. Qui forse lei alza il suo, la guancia carezzata dal ginocchio, e da sotto in su, dal basso verso l’alto (il percorso di ogni allusione umana) mi guarda e mi sorride.
Donna sul prato, t’abbraccio come dopo aver segnato.
Pasquale Panella
falciato da ---gallizio
nell'era neurogreen
Monday, February 07, 2005
Black Cinema

Se agli specchi fosse consentito di ristare…
se alle cose si accordasse la cristallizzazione…
forse allora si dovrebbe dire che l’unico colore possibile del video è il nero.
Giacché il cinema è fatto di bianco e nero. Di luce e buio.
Ma il video elettronico per contro dovrebbe essere ‘annerito’.
Non bisognerebbe nemmeno guardarlo.
tarted by ---gallizio
nell'era del black magic water
Tanz pixelina!

«L’immagine è composta di pixel, di coordinate (nello spazio-tempo ridotto sul piano cartesiano dello schermo):
questi pixel sono i punti di una serie, o di una ghirlanda, i nodi dove è passato l’ago. Casi, colpi.
Ognuno singolare di per sé ma aggregato nella costellazione, come vuole Mallarmé.
Questa danza di punti-all’uncinetto è chiaramente attraversata dal tremolo del tempo, che ne tiene salda l’illusione. La incolla e la rende elastica, la fa risuonare. Questa danza è un film».
(...)
«La scomparsa lettrista dell’immaginario arriva da lontano, se si vuole.
Dai poemi di Hülsenbeck e dai suoi consonantismi, capaci di evocare ‘politicamente’ i nessi tangibili, ‘concreti’ della verbalità.
Da un Cummings, che collauda per quarant’anni una sintassi di singolarità tipografiche, ben evidentemente portatrici di ‘rivolta’ allo statuto della lingua e della prossemica della pagina. Dalle acredini antiche di Majakovskij.
Il testo (il testo dell’immagine, la sua grammatica) diviene fin da queste sperimentazioni risonanza. C’è solo il testo – è vero -, ma la risonanza lo disassa e lo rende già multiplo, iper-linkato, stratificato nel Fuori… (riscattando anche l’errore di Derrida che considera l’extra-testo inesistente). E nel testo viene detta solo una perturbazione. Niente phoné o graphein.
Una semplice vibrazione. Una risonanza. (…)
Questa concezione di testo (e di immagine) come risonanza conduce all’assunto che il cinema e la musica siano regimi della scrittura».
tarté par ---gallizio