Friday, August 24, 2007
Mario Pischedda profile profilato sardo

kiss 4 aldo
lanciata
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mariopischeddainmovement]
Mario Pischedda fotoartist post-comunista & ac/catto-buonista q.b. – ma non gli basterà mai – minimalista terminale, dopo di lui il diluvio universale, sempre “in movement” sussultorio, su e giù & viceversa, senza direzione, senza meta, senza finalità – cioe’ autentico scrittore foto-grafico, mai letterato, iconografico concentrato della photo come experience, concept, existence and motion – condensati & compressi come in una formula uno. Autoironico performer di performances gridate & urlate in afonie iperattive mute, di un sofferto sordo/muto ultra/sonico di un’eterna umanità sofferente, ma anche gaudente di gioie multiple mai (prima) fruite. Artista off off e contemporanea/mente neo-cometa della Saatchi Gallery of London, c’est a dir le must de le must e via discorrendo controllando la dizione. Ipertrofico- iperinflattivo- magmatico, epilettico & schiumante come la sua rabbia iconoclastica trattenuta q.b. – che non gli bastera’ nemmeno quando affogherà nel Successo, ormai a breve. Teorico della multimediocrità, pur impersonandone l’antipode, che salverebbe “capre & cavoli per consentire quella libertà artistica che i critici cercano sempre di tarpare”, turlupinandola & turlupinando – aggiunge l’estensore ma anche – chi sono e saranno poi (dopo) mai tutti stì critici, a mo’ di macigni traversi sul binario unico del Pischeddamario foto-pensiero?! Ricercatore & ricettatore indefesso e mai appagato in quanto non pago/pagato, di folgorazioni solari, di magnifici & magici incastri, di bellezze difficili & perfezioni impossibili, incessante scopritore del “diamante che splende”. Autoesploratore di se’ medesimo, raschiando la propria botte fino allo sfinimento tantalico e mai tantrico, perbenista & moralista qual e’, di un’arte supplice, suppliziata & suppliziante q.b. – quanto bastava & basta anche se a lui ancora no. Amante degli altri e della gente – I love people so much – e della bontà come valore supremo, ma anche dedito alla dissipazione come contro/valore antitetico alla produzione ergo capital/istica e dei suoi magni clientes. Fondamental grottesco ma anche mite & gentile, educato et educante, docente & discente di se’ medesimo, folgorato & folgorante, nonché curiosamente didascalico, nel senso proprio di chi non contento dell’imago da se’ prodotta, ama s/piegarla e sotto/linearla con didascalie a volte decon/testualizzate come si conviene a un qualunque insegnate, ma non a un insegnante qualsiasi come non e’ nel suo caso - “et voilà les jeux sont faits con altri incastri e giochi, la polisemia delirante, il fuggire dell’opera senza autorialita’ (ma anche antiautoritaria in quanto priva di autorialità, n.d.e) e la libera riappropriazione e la risignificanza ad infinitum come dire l’in/movement, il fluire, lo scomparire (…) insomma la liquidita’ di Bauman, del niente che permane, a differenza del gotico che continua a stupire…” - come quest’artista blaterante & cortocircuitante che si staglia occhiuto & occhialuto, rigorosamente in black, su uno spasmodico tramonto sardo e “guarda che mi offendo”…
Aldo Maria Ricci
Florence 23/08/07
tartito da ---gallizio
al temp/occluso della multimediocrita' ludens
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omaggio a sergio atzeni
tartito da ---gallizio
al tempo leggero del passaggio terreo
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Thursday, August 23, 2007
pari pari

vulture
ad majora volturae
cerco di disegnare un volto
il volto che ho ritratto in una due tre foto
ma il segno che imprimo
partendo dagli occhiali
rivela invece un altro volto
altro da quello prefissato
e simile all’originale della mente
solo nei tratti originali degli occhiali.
così quello che ho fatto e' in effetti
pari pari
l’altro volto, che del primo conserva solo
come una cosa disarmonica e fuori dal contesto
la montatura degli occhiali
da cui ero partito.
le cose cambiano instancabilmente inesorabilmente
e l’arte e' tutta in questo adeguamento al change
per cui chi assimila velocemente
rimane a galla nella tempesta della corsa folle
[…]
[…]
Massimiliano Chiamenti, Free Love
tartito da ---gallizio
al tempo rivoltante del re/volvér
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Wednesday, August 22, 2007
di fronte

onda
[…]
Di fronte a questa deriva, di fronte a questo orribile buon senso, di fronte agli imperi e agli dei, disperatamente di fronte al cupo bagliore della storia, e alla ferocia della lingua, di fronte a questa farsa infinita, alla tragedia dello spettacolo consolante, di fronte al rogo dell'intelligenza, di fronte agli intrecci di banche e santita', di fronte a questo abisso di obbedienza, a questa falsa indulgenza, a questa infamia, quale maschera indossare per accettare la sfida e ribellarsi alla pace? Quale ritmo, quale abbraccio, quale senso ulteriore puo' permettermi, ora che sono qui, in questa terribile storia, di esibirmi al di la' della decadenza?
[…]
nevio gambula, l'altra dentro di me
tartito da ---gallizio
al tempo mosso del mar ben donde
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Tuesday, August 21, 2007
erula: prelude to a kiss

kiss
deeper kiss
intervista
a
mariopischeddainmovement
in vista di
Cinemiamoci
Erula, mercoledi 22 agosto 2007
Innanzitutto una cosa minima (di quelle che piacciono a te) : grazie per aver fissato la rassegna nel giorno in cui sono nato. Quando - fatalita' - riuscirai a fissarne una anche in quello della mia morte il cerchio sara' concluso. Quando si dice rassegna terminale...
Ma mi hai chiesto delle domande, per giunta intelligenti.
visto che sei sempre "in movement", innanzitutto ti chiederei [se lo sai, o mai lo sapessi] dove sei e dove stai andando.
il tuo cinema e' "assolutamente" avvinto dalla velocita'. Brevi lapilli che gemmano di luce, propria o altrui di volta in volta.
Ma allora la cinematica della tua poetica e' accelerata? Dove vanno a posarsi questi meteoriti di impermanenza, che pure si imprimono nella retina e poi nella corteccia di chi vede (e sente, nel senso di patisce) i tuoi film?
Cosa scatta in te quando senti di fare un video invece di uno scatto fotografico?
Cosa senti invece quando decidi per una performance? Voglio dire: immagino siano anche frutti di automatismi irriflessivi, ma mi pare interessante, se puoi, renderci partecipi dell'incocco della tua opera. O di qualche tua opera che ricordi essersi plasmata in te in una modalita' fotografica piuttosto che filmica anziche' no.
Nella tua quarantennale (e' una cifra simbolica) assenza dal sistema dell'arte (cui contrapponi il tuo essere un nulla), lo scorso anno sei apparso come una cometa sugli schermi della Saatchi Gallery di Londra. Escludendo che sia stata una tuia scelta, com'e' che ti sei virtualmente inscritto nel sistema? Che effetto ti fa?
Come fai a essere allo stesso tempo poverissimo eppure a donarti e a reiterarti all'infinito?
In cosa consiste questa inesausta depénsé di te stesso in un'iperinflazione iconica? Forse il nulla lo raggiungi per dilatazioni all'infinito, fino a coincidere panicamente col tuo orizzonte?
E quell'orizzonte e', puo' dirsi, ancora, "cinema"?
Se e' morto tanti anni fa, come diavolo fai a rilanciarlo di continuo come cosa sempre nuova?
Ho notato che se nella performance sei la quintessenza dell'autistico, in molti filmati sei capricciosamente tutto in dialogo. Fino all'ossessione, al mito dell'interlocuzione con EGH. mariopischedda non si parla mai addosso, ma parla talmente addosso agli altri da metterli in una sorta di scacco felice. Ma esistono davvero gli altri? E se esistono, non avevano detto che erano il male?
Questa me la devi: un rigo appena per definire la nonlettura, e come hai accettato che altri, i testi, pur nonletti, si accanissero sulle tue immagini.
Per finire:
Erula evocami zànzotto
Il suono della erula mi rimanda immediatamente a un verso di andrea zanzotto: a me viene in mente ferula, pianta magnifica della sardegna, che si staglia perfettamente nera superba e amgnifica in un tramonto dorato
luna medulla cordis mei.
Ricordati di mettermelo in video. magari come video fuori concorso, ma che concorre a dare un senso al nulla che senti di essere (tanto per cambiare, un cortocircuito)
tartito da ---gallizio
al tempo erculeo dell'erula prenestina
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Monday, August 20, 2007
good day, mr. gallizio...
Friday, August 10, 2007
fosse solo una folgore
Un dopo c’è perché c’è un durante e c’è stato un prima. Chi non sente il languido vivificante peso della catena è costretto a inventarsi unico, per caso, e prima e dopo il vuoto.
Avendo traversato la frontiera tra il mio prima e il mio durante poco più di mezzo secolo fa comincerò col dire di questo, brevemente. Sono nato nell’amore di un padre e una madre, in una famiglia con nonni e zii e vicini di casa e parenti, non tutti buoni, non tutti belli, non tutti intelligenti ma tutti degni di rispetto perché tutti figli di Dio. Ognuno a modo suo interessante, qualcuno sorprendente.
Sono nato montano, italico, cattolico romano, germoglio della cristianità d’occidente nell’ora del suo smarrimento. Sono sopravvissuto a gelate precoci e, con concorso di colpa, a parassiti e infestazioni e conto di morire, nel mio tempo, in pace con Dio e con gli uomini. Potessi scegliere, ma non tocca a me, vorrei morire nel mio letto con l’olio santo dell’estrema unzione. Confessato e comunicato rendere l’anima a Dio. Così mi hanno insegnato e lo trovo perfetto. La vita è un dono di Dio, a lui torna e solo Lui conosce modo e tempo.
Il dopo è un botto unico, unico a potersi definire novissimo, per tutti e per sempre: morte giudizio inferno paradiso. Il saldo di un conto aperto tra il Creatore e la sua creatura, e sull’amore è il giudizio, non sulla morale, né gli ordinamenti.
L’incontro svelamento dei pochi cui ci ha legato amore, fosse solo una folgore, vale la morte come privata intima apocalisse.
Vedrò, il termine è impreciso lo so, mio padre che non ho conosciuto se non per il ricordo di chi ha e l’ha amato.
Sono suo seme, desiderato e subito perso. Già solo lui che è il prima giustifica, a me, il dopo. Vedrò mia madre e questo è un azzardo perché, per quanto vecchia, lei vive e io potrei precederla, ma non cambierebbe niente ormai invertire l’ordine nell’arrivo. Di Lei sono stato carne, distinta e inclusa, cresciuta inglobata e poi nel giusto tempo espulsa e recisa. Ho urlato di strazio in questa separazione e ritrovavo la pace al suo seno, appagato sul suo battere del cuore, accoccolato e confuso. Lei mi ha fatto forte, mi ha cresciuto e ci siamo arrangiati, per quel che si può, come abbiamo potuto. Presenza di una vita intera: abbandonata, persa, cercata, ritrovata che ancora è ma trasformata. Ora, volto il ciclo alla fine, le sono figlio/padre; di lei mi prendo cura, corpo e spirito, nei giorni del suo bisogno. I vecchi come i bimbi campano d’amore e d’assistenza scoppiano o avvizziscono.
Su Maddalena, mia nonna, e tutti gli altri conto per l’amore ricevuto e donato e per il tesoro cumulato in preghiere. Un conto aperto che ho ricominciato, come si è sempre fatto in casa, a pregare per i morti che intercedano per i viventi e viceversa in quel mistero circolare che è la comunione in Cristo, nostro Salvatore.
Il come e il perché di quello che sarà il dopo, nello specifico, non mi preoccupa. Trovo più interessante, al momento, il qui e durante. Basta a ogni giorno la sua pena, la gioia; bastano il riso e il pianto e a volte avanzano.
Ci sono poi le necessità vitali del lavoro, gli impegni, i doveri, il giusto riposo e quell’ozio che confina con la contemplazione.
Le disquisizioni dei teologi che al momento hanno problemi con l’inferno mi lasciano indifferente, ma scontroso. I teologi sono come le tasse: il giusto è doveroso, l’eccesso t’ammazza. Io credo nel giudizio e quindi nell’inferno. Se non c’è inferno non c’è giudizio e non vale il paradiso essendo il purgatorio una necessità ineludibile. Comunque, tranquilli, il dopo arriverà e si vedrà. Credo ci sarà parte, che non so e non voglio immaginare, ma che non dubito sarà in Dio risolta, per gli animali e tutta la creazione. Tancredi, un cavallo che a volte ho percepito come una delle infinite forme della misericordia, ad esempio, ma non è l’unico, sarà lì ne sono certo. Gli animali, nelle mani dell’uomo, possono facilmente trasformarsi in vittime perfette e altrettanto facilmente trasformarsi in idoli ma nelle mani del Creatore sono creature e tutte le relazioni tra le creature saranno giudicate, a tutto sarà dato compimento e di ogni cosa svelato il senso. Quanto siano essenziali creazione e creature, nel rapporto tra il prima il durante e il dopo, è indicibile a chi non le frequenta, a chi vive una vita costretta in orizzonti artificiali muovendo tra masse umane invano affaccendate. Se all’uomo manca lo spazio e l’elemento animale non ne trae beneficio lo spirito tutt’al più lo spiritista.
C’è un triplice rapporto: Creatore creazione creature, una Divina Trinità in un unico Dio e una donna, Maria, sine labe originali concepta, Regina, in coelo assunta. Ci sono le generazioni a susseguirsi, angeli, santi e molto molto altro. Non siamo soli, non lo siamo mai stati, non lo saremo mai né in cielo né in terra, ma siamo liberi: così siamo stati creati; volendo possiamo sradicarci e di conseguenza sradicare. Nemmeno siamo intruppati, costretti in ranghi: siamo persone in rapporto personale, intimo, unico e irripetibile, con il tutto.
Per quanto l’uomo riesca non solo a coltivare il male ma anche a organizzarlo in sistema, siamo di passaggio e lo spettacolo è meraviglioso.
giovanni lindo ferretti
sul foglio di oggi
tartito da ---gallizio
al tempo sradicante dei calicanti
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Monday, August 06, 2007
isidore têtu
Se Debord non immaginava, nel 1957, che dieci anni dopo avrebbe pubblicato
la “Societé du Spectacle”, Isou sapeva invece gia' nel 1946 quali sarebbero state
le opere che avrebbe scritto.
Naturalmente e' una questione di cocciutaggine, non di profezia.
via ricaldone
[ora qui]
bonus track
tartito da ---gallizio
all'epoca dell'errata coccige sine de bord
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Labels: debord, internationale lettrist, isou