Tuesday, February 26, 2008
un nome da torero

credi
(anche di piu')
Mio padre era un pittore e per me quella parola aveva un suono magico. Era un dilettante - lavorava in una banca per mantenerci tutti - ma non nell’accezione rassicurante di ‘pittore della domenica’. Aveva il piglio e le ossessioni proprie di tutti gli artisti, credeva nella sua ricerca. E’ stato lui a trasmettermi il privilegio di avere delle visioni. Come nome d’arte aveva scelto di portare il vecchio cognome della sua famiglia: Wagnest. Da buon triestino non era di radici semplici: una folla composta da italiani, rumeni, slavi, austriaci e - pare - anche spagnoli lo aveva generato. Forse per questo aveva aggiunto poi il suo soprannome: Manuel, come lo chiamava mia madre. E così, insieme, i due nomi finivano per essere un incrocio tra austroungarico e spagnolo, un misto di Mitteleuropa e spirito latino. Manuel Wagnest: il nome di un torero ungherese. Era un modo per evitare di essere scambiato col fratello maggiore, pittore anch’esso. Tino - in realtà si chiamava Giusto - era il vip della famiglia. Era quello famoso. Aveva fatto parte negli anni Sessanta del movimento artistico dei Realisti esistenziali assieme a Romagnoni, Banchieri, Ferroni, Ceretti e altri. In famiglia Tino era un mito. Mio padre lo ammirava e un po’ gli invidiava il fatto che tirasse a campare facendo la cosa più bella del mondo: dipingere. Pare che mio zio avesse iniziato a dipingere molto giovane, non solo per naturale inclinazione ma anche per una pura casualita'. A quei tempi abitavano a Roma, nel quartiere di Trastevere. Mio nonno non aveva il frigorifero, cosi' Tino - suo figlio - era comandato, durante l’estate, a riporre burro e latte nel frigorifero di un gentile vicino che faceva il pittore. Sembra che Tino si fosse invaghito a tal punto del profumo dei colori e della trementina, che capi' in quella casa quello che avrebbe fatto da grande. Anche io, come mio padre, avevo mitizzato Tino, mi sembrava quasi un eroe irraggiungibile. Ma certe sere mio padre mi portava in studio e m’insegnava a disegnare. Li', con lui, mi sentivo in paradiso e non c’era zio che tenesse. Circondato da pastelli, tubetti, pennelli, carte e tele, sentivo che il futuro mi stava facendo una proposta irresistibile (...)
marco vaglieri, chi ha preso il posto del vice di Dio?
coming soon
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tartito da ---gallizio
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