Saturday, January 20, 2007
dunque, tutto questo c'e'

larger
Atmen, du unsichtbares Gedicht!
Immerfort um das eigne
Sein rein eingetauschter Weltraum, Gegengewicht,
in dem ich
[Respiro, tu invisibile poema!
Spazio puro nel mondo, col nostro essere
Scambiato senza sosta. Contrappeso
in cui si attua il mio ritmo].
r.m. rilke, sonetti a orfeo, II, 1
Queste settimane sono passate lasciando la cifra dell’abbandono. Un amico se n’e’ andato, e io lo porto con me. Un ciclo si e’ chiuso, e subito che un altro si dischiude.
Non letture ritorna, ma non puo’ che tornare nel pensiero rammemorante. E lo fa replicando la candida efferatezza di gigi: “quando la morte ti passa vicino lascia il segno”. Touche’. Quasi un mese sotto la coltre. Ora si va: dunque, tutto questo c’e’.
Castelli in aria e fantasia esatta
«Non dobbiamo immaginarci i prodotti di questa attivita’ fantastica (phantasierend) e cioe’ le singole fantasie, castelli in aria (Luftschlösser), sogni ad occhi aperti, come rigidi e immutabili. Si adattano invece alle variabili impressioni offerteci dalla vita, mutano a ogni cambiamento di posizione, e da ogni vivace impressione traggono, per cosi’ dire, un “contrassegno temporale”. Il rapporto della fantasia col tempo e’ in genere molto significativo. Si deve dire che una fantasia ondeggia fra tre tempi, i tre momenti temporali della nostra ideazione. Il lavoro mentale prende le mosse da un’impressione attuale, un’occasione offerta dal presente (ein Anlaß in der Gegenwart) e suscettibile di risvegliare uno dei grandi desideri (Wünsche) del soggetto. Di la’ si collega al ricordo (Erinnerung) di un’esperienza anteriore, risalente in genere all’infanzia in cui quel desiderio veniva esaudito; e crea quindi una situazione relativa al futuro (Zukunft) , che egli si raffigura quale appagamento del desiderio: questo e’ appunto il sogno a occhi aperti o fantasia, recante in se’ le tracce della sua provenienza dall’occasione attuale e dal ricordo passato. Dunque passato, presente e futuro, come infilati al filo del desiderio che li attraversa».
Del resto, come diceva Brecht,
di questa citta’ restera’
il vento che l’attraversa

Ma le rovine freudiane non possono bastarci.
Ripartiamo, e ripariamo qui:
«Il respiro, il soffio, e’ una considerevole potenza impercettibile. Non e’ quasi nulla, eppure e’ capace di cambiare dei mondi: “dal moto di un soffio dipende tutto cio’ che sulla terra gli uomini hanno pensato, voluto e fatto, e cio’ che faranno di umano”, scriveva Herder. “La parola solleva piu’ terra di quanto non faccia un seppellitore”, scriveva per parte sua Rene Char. Ed e’ questo un modo di pensare il respiro come un rischio poetico da cui dipende il destino stesso della verita’: ad aprire troppo l’aperto non si produce piu’ altro che muta vacuita’: a condensare troppo la forma si produce solo una massa. (…) Dire poeticamente? Lavorare il linguaggio perche’ esso perda il fiato e, da questgo sfinimento, esali il suo stesso limite, il suo limite non ancora massificato, fuggevolmente condensato e mostrato: un’immagine».
«Come mulinelli di polvere sollevati dal vento che passa, gli esseri viventi girano su se stessi, sospesi al grande soffio della vita. Essi sono dunque relativamente stabili, anzi imitano cosi’ bene l’immobilita’ che noi li trattiamo come cose anziche’ come progressi, dimenticando che la permanenza stessa della loro forma non e’ altro che il tracciato di un movimento. Talvolta, pero’, si materializza davanti ai nostri occhi, come una fuggevole apparizione, il soffio invisibile che li porta. Abbiamo questa improvvisa illuminazione davanti a certe forme dell’amore materno [che] ci fa vedere come ogni generazione si inclina verso quella che la seguira’. Ci suggerisce che l’essere vivente e’ soprattutto un luogo di passaggio, e che l’essenziale della vita sta nel movimento che la trasmette»
henry bergson, l’evoluzione creatrice
tartito da ---gallizio
al tempo del viso soffiato
permalink
Labels: bergson, didi-huberman, gambula, gigitagliapietra, immagine, respiro, vita