Tuesday, November 28, 2006
macche' malanno: il male non deve esistere

il non-essere del segno, il non-essere del sogno
memo-labilia
Il male non deve esistere, no, per i lettori seri, per le stupende lettrici. Deve comunque ritrarsi: rifuggire da sotto i polpastrelli del linotipista: come si cela dietro tamerici allorche' privo di tegumenti un irsuto, al Cinquale, ove sopravvengano educande, orfanelli, dealbate cuffie con cerei volti di monache.
L’imagine tradizionale e ab aeterno romantica dello scrittore-creatore, dell’ingegnoso demiurgo, che cava di se' liberamente la libera splendidezza dell’opera e nei liberi modi d’un suo stile ne propaga foco alle genti, porgendo in una e rara occasione d’esercizio al tartufare aguto dei critici e novo incentivo a sventolare a tutte le bandiere della patria, e de’ turriti municipi, e' imagine in sul nascere viziata. Non meno di quell’altra, del dover essere quello che gli altri si attendono: fabulatori vani da miracolar le genti aspettanti, e lasciarle sazie ebefatte: al suono di quelle concupitissime parole che le son piu' loro che nostre: anzi soltanto loro, e non nostre.
Oh! miseria! oh, dovizia! Parole e parole. Dovergliele buttare di piena mano come a’ polli, grandine di picchiettanti scemenze di che sopra ogni mangime le appetiscono: quali butto' il Colombo le perline vetro a’ Caràibi in uno sgomento d’eclisse: che dalla reverenza loro attendeva oro, il Colombo, festuche d’oro, pepite d’oro, patate d’oro.
Non sono, ahime', scrittore colombaccio. Non cerco polli, da dovergli buttare perle false. Non ispero pepite, non patate. Non ho sottomano Caraibi. Non ne voglio avere.
carlo emilio gadda, come lavoro
tartito da ---gallizio
all'epoca del noli me tangere
permalink