Saturday, April 01, 2006
parigi non esiste piu'

l'estetica divorante della banalita'
imager
Era a Parigi, una citta' che era allora cosi' bella che molti furono quelli che si preferirono la' poveri, piuttosto che ricchi da qualsiasi altra parte.
Chi potrebbe, oggi che non ne rimane niente, comprendere questo; al di fuori di quelli che si ricordano di questa gloria?
Chi altri potrebbe sapere le fatiche e i piaceri che abbiamo conosciuto in questi luoghi dove tutto e' fatto sì malvagio?
"Qui era l'antica dimora del re di Wu. L'erba fiorisce in pace sulle sue rovine. / La', il profondo palazzo degli Tsin, sontuoso un tempo e temuto. / Tutto questo e' finito per sempre, tutto scorre insieme, gli eventi e gli uomini, / come le onde incessanti dello Yang-tse-chiang, che vanno a perdersi nel mare".
Parigi allora, entro i confini dei suoi venti Arrondissements, non dormiva mai tutta intera, e permetteva alla deboscia di cambiare tre volte quartiere ogni notte. Non se ne erano ancora "disuniti e dispersi gli abitatori". Vi restava un popolo, che aveva dieci volte barricato le sue strade e messo in fuga dei re. Era un popolo che non si appagava d'immagini. Non si sarebbe osato, quando ancora viveva nella sua citta', fargli mangiare o fargli bere quello che la chimica di sostituzione non aveva ancora osato inventare.
Non vi erano nel centro case deserte, o rivendute a degli spettatori di cinema nati altrove, sotto altre travi rustiche.
La merce moderna non era ancora venuta a mostrarci tutto cio' che si puo' fare di una strada. Nessuno, a causa degli urbanisti, era costretto ad andare a dormire lontano.
Non si era ancora visto, per colpa del governo, il cielo oscurarsi e il bel tempo sparire, ne' la falsa nebbia dell'inquinamento coprire in permanenza la circolazione meccanica delle cose, in questa valle della desolazione. Gli alberi non erano morti soffocati; e le stelle non erano spente dal progresso dell'alienazione.
I mentitori erano, come sempre, al potere; ma lo sviluppo economico non aveva ancora dato loro i mezzi per mentire su ogni cosa, ne' per confermare le loro menzogne falsificando il contenuto effettivo dell'intera produzione. Si sarebbe stati allora tanto stupiti di trovare stampati o costruiti in Parigi tutti questi libri redatti dopo in cemento e in amianto, e tutti questi edifici costruiti in piatti sofismi, quanto lo si sarebbe oggi se si vedesse risorgere un Donatello o un Tucidite.
Musil, ne L'uomo senza qualita', osserva che "vi sono attivita' intellettuali in cui non i grossi volumi, ma i piccoli trattati possono fare l'orgoglio di un uomo. Se qualcuno, per esempio, scoprisse che le pietre, in certe circostanza finora mai osservate, sono capaci di parlare, gli basterebbero poche pagine per descrivere e spiegare un fenomeno così rivoluzionario". Io mi limitero' dunque a poche parole per annunciare che Parigi, checché ne vogliano dire altri, non esiste piu'. La distruzione di Parigi non e' che un'illustrazione esemplare della malattia mortale che si abbatte in questo momento su tutte le grandi città, e questa malattia stessa non e' che uno dei numerosi sintomi della decadenza materiale di una societa'. Ma Parigi aveva più da perdere di qualunque altra. E' una grande fortuna essere stato giovane in questa citta' quando, per l'ultima volta, essa brillava di un fuoco cosi' intenso.
Guy Debord, In girum imus nocte et consumimur igni
tartito da ---gallizio
all'epoca vallepinica della precarieta' malfranzosa
permalink