Thursday, March 16, 2006
fuoriusciti vivi

gradazioni di fuga
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Pensare un orizzonte di fuoriuscita radicale dalle logiche costitutive
di questo mondo, e’ anche l'unica scommessa possibile per sfuggire
a quella che – e pazienza se puo’ sembrare "apocalittismo" - a me
sembra un fine corsa senza scampo verso uno "sfacelo mentale",
sentimentale, etico... diciamo, antropologico.
Perche’ se e’ vero come e’ vero che cio’ che si chiama "la Storia"
e’ un lungo fiume di sangue appena interrotto qua e la’,
e’ anche vero che questo era bensi’ atroce, ma (faccio qui
volutamente il cinico a fini euristici...) "allora" ognuno sapeva
solo delle sue sofferenze, e di quelle del suo prossimo locale...
Oggi, la forma stessa di questo capitalismo (che e’ stato definito
come "cognitivo", e che per parte nostra diremmo: "sistema
capitalistico-statale integrato, biopolitico, illusionistico,
tossicomane, psicosomatico, criminogeno/penale...) comporta il fatto
che l'orrore universale e’ - in tempo reale, con un andirivieni tra
sguardo d'insieme e dettaglio, fino al "singolare" e all'attimale -
sotto-gli-occhi-di-tutti! Cio’ che e’ inedito, e di cui non si possono
calcolare le conseguenze a catena, in reazione a catena, e’
che "tutto" - una Babele infinita di "locali", di lingue, "valori",
criteri, pesi, misure, memorie - e’ compresente sullo stesso
palcoscenico; e che in piu’ sono compresenti passati,
futuri, "remake", ibridi... Nuovo, inedito, sconosciuto, e’ che si e’
scatenata una competizione a morte fra tutti e tutti, fra ciascuno e
ciascuno, per dimostrare che il suo Esperanto personale, la sua
aritmetica privata.... la sua legittimita’ assoluta (di vittima
innocente etc.) dev'essere "universalmente" riconosciuta.
E questa competizione a morte, al contempo e paradossalmente, rende
tutti uguali come l'Unico in serie (produzione di serie di "unicita’"
esclusive...., di Totalita’, di Assoluti..., che omologa ferocemente,
rendendo tutti dipendenti come tossici da uno stesso Moloch), e
spinge d'altra parte ad una volizione di annientamento di ogni
altro "concorrente". Le due cose sono direttamente proporzionali,
facce dello stesso processo. Il piano del "fare comune autonomia" non
puo’ dunque darsi che come esodo: e quello preliminare, prioritario (e
anche piu’ fattibile) e’ cominciare a chiamarsi fuori da questa corsa.
Forse potremo pensare che c'e’ scampo (e lavorare per questo) il
giorno che uno dei soggetti sottoposti, sopraffatti, sommersi, a chi
gli chiede: «Cosa vuoi, implori, reclami, desideri?» - rispondera’,
come si narra di Diogene ad Alessandro Magno: «Nulla. Che ti levi
dalla vista poiche’ mi copri il sole».
Che un soggetto dica, risponda: «Non reclamo da alcuno e men che mai
dalla legalita’ dello Stato alcun riconoscimento. Alcuna "giustizia"
in nome e per conto mio. Non c'e’ alcun "Altare" di alcuna "patria",
alcuna medaglia che possa interessare noi altri, visto che non
abbiamo in comune alcuna lingua». Che alle profferte di quel tipo si
risponda, come il Bartheleby di Melville, «I prefer not to». Semmai -
questo, piuttosto, si’ - aggiungendo «Sciur padrun da li beli braghi
bianchi, föra li palanchi, fora li palanchi!» Detto in napoletano:
«Posa e sord..». Ecco, solo di questo possiamo discutere.
Solo questo ci attendiamo eventualmente da voi, e vi reclamiamo...
Su questo, la discussione ricomincia. C'e’ un lungo elenco da tener
presente: precarieta’, migranza, specificita’ dei soggetti piu’
assoggettati alle forme piu’ estreme di quella volizione di
possesso/distruzione che e’ la logica del sistema.
oreste scalzone, Lettera aperta agli studenti francesi
tartito da ---gallizio
all'epoca delle false tartenze
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