Wednesday, August 17, 2005
un libro e’ una piaga maligna, una cancrena

mario pischedda, cavallo piccolo
Al tempo degli studi, completamente solo. A scuola si ha un compagno di
banco e si e’ soli. Si parla con le persone, si e’ soli. Si hanno punti di vista, estranei,
propri, si e’ sempre soli. E se si scrive un libro, o per come io scrivo i miei
libri, si e’ ancora piu’ soli...
E’ impossibile spiegarlo, non si puo’. Dalla solitudine, dall’essere soli deriva
soltanto un essere soli, un essere separati ancora piu’ radicale. Alla fine si
cambia scena a intervalli di tempo sempre piu’ brevi. Citta’ sempre piu’ grandi,
si crede che la piccola citta’ non ci basti piu’: Vienna non basta piu’, anche
Londra non basta piu’. Bisogna andare dall’altra parte del mondo, si cerca di
andare di qua e di la’, lingue straniere: e’ forse Bruxelles? E’ forse Roma? E cosi’
si viaggia ovunque, e si e’ sempre e soltanto con se stessi e con il proprio orrendo
lavoro. Si ritorna in patria, ci si trasferisce in un podere, si chiudono le
porte, come me – e spesso per interi giorni – e si rimane segregati, e d’altra
parte l’unica gioia e piacere sempre piu’ grande e’ proprio il lavoro. Sono le
frasi, i vocaboli, che poi si compongono. In fondo e’ come un gioco, li si mette
gli uni sugli altri, e’ un procedimento musicale. E quando si e’ raggiunto un
certo livello, dopo che si sono costruiti quattro o cinque piani, si guarda il
tutto e si distrugge tutto di nuovo come fanno i bambini. Ma mentre si crede
di averla fatta fuori, sul corpo si forma subito da qualche parte una nuova
piaga infetta, che e’ poi il nuovo lavoro, il nuovo romanzo, e diventa sempre
piu’ grande. In fondo un libro non e’ forse nient’altro che una piaga maligna,
una cancrena? La si estirpa chirurgicamente e, naturalmente, si sa con assoluta
certezza che le metastasi hanno gia’ invaso e contaminato l’intero corpo e
che una salvezza non e’ piu’ possibile. E questa piaga naturalmente diventa
sempre piu’ aggressiva e piu’ forte, e non c’e’ piu’ nessuna salvezza e nessun
ritorno.
Thomas Bernhard, tre giorni
tartito da ---gallizio
al giorno terzo della sola vita
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