Friday, August 26, 2005
mangiare la foglia (se non la realtà)

mario-nicola-mario, slurpata morta con tappi
Nella macro come nella microeconomia della vita, degli affetti, tutti o quasi hanno mangiato la foglia. Tutti o quasi sanno benissimo che godere, provare gioia o piacere non ha piu’ nulla o poco a che vedere con la realizzazione letterale di un desiderio o di un bisogno, né con un punto d’arrivo, né con il “fermati attimo” di Faust. Eppure, il termine di riferimento rimane la realta’. Tutte le parole che vengono scritte, pronunciate, proiettate in immagini su uno schermo per invitare, alludere, rappresentare, imporre il godimento sono un’infinita variazione su qualcosa che c’è, anche se, lo si da per scontato, sta altrove, da un’altra parte - nel silenzio, dove non ci sono più parole, nell’atto, nella realtà vera?
La realtà che si affaccia sul bordo delle infinite economie del piacere e del godimento su cui si fonda la nostra esistenza colpisce, produce effetti di verità, ma difficilmente riesce a sottrarsi all'incantesimo del futuro anteriore, a un mai stato o non ancora stato che si spaccia per già stato e da una base, certo normalizzatrice, ma in ogni caso falsamente sicura ai nostri giochi di desiderio e di rinvio all'infinito. Vivere nel futuro anteriore vuoi dire, per Bergson, essere postumi rispetto a se stessi, immobilizzare il divenire e incorniciarlo in un'immagine artefatta, l'unica in cui possiamo dire io, spogliandolo di novità e imprevisto. Per Jankélévitch vuoi dire non agire, ossia non avventurarsi nello charme dell'istante, ma guardarsi agire ossia legittimare le proprie ipocrisie, compiacimenti e rimorsi, in una parola, la propria cattiva coscienza. Il futuro anteriore e' il regno della "realizzazione", delle sue aporie e della sua inevitabile malinconia, del (credere di) mettere fine a una partita, intervenire nel destino, della volontà e del controllo razionale. E' il regno del godimento nel senso oggi più ovvio degli infiniti inviti e sollecitazioni a godere, la cui intrinseca distruttività si manifesta nel godere/non godere normalizzato oggi diffuso oppure nell'atto criminale.
Dietro o intorno a questa realtà ce n’è un’altra, di cui tutti sentono oscuramente la presenza, che tutti in un modo o nell’altro patiscono e che alimenta nel fondo il senso, materiale e ideale, che abbiamo della sessualità, della creatività, della bellezza, della ricchezza, della violenza. Tutti ne sentono oscuramente la presenza, a volte è ancora capace di forare l’immagine (cinematografica, televisiva), ma il suo inconfessabile e impossibile non riesce più a distinguersi dai fantasmi, dalle maschere, dalle immagini precostituite e imposte. Godimento, in fondo, e’ passare la soglia tra pensare (desiderare, volere, immaginare) una cosa e farla.
Il salvacondotto delle fiabe prometteva la felicità, ma spesso, dopo avventure tortuose, riportava al punto di partenza, alla nuda (spesso in senso letterale) unica realtà del proprio presente, insidiato o arricchito, non importa, dai fantasmi e dalle immagini di desiderio, ma finalmente avvertito del loro carattere delirante – perche’ fuori del solco, dell’ordine del reale, oltre la soglia. Gli eroi e le eroine delle fiabe e delle loro peripezie non si “fermavano lì”, affrontavano l’ignoto e a volte giravano intorno al mondo, incontravano mostri, combattevano battaglie e visitavano paesi lontani. Tornavano però al punto di partenza. La felicità del sogno veniva allora di buon grado scambiata con la misera realtà, senza perdere nulla del suo splendore o del suo orrore. La felicità del sogno invitava a interrogarsi sull’angolo opaco del presente di cui non si sa nulla e non si dice nulla, in cui si sta in silenzio. Chi si accontenta non gode - era già la morale ben poco tranquillizzante che covava sotto la superficie delle fiabe. Perché stare nel ristretto spazio del presente - sapendo della vastità infinita - è l’unica, vera prova.
Laura Boella, Silenzio! Si gode, in Aut-Aut 315 (godimento e desiderio)
tartito da ---gallizio
all'epoca dell'in-sistenza sistolica
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