Tuesday, April 05, 2005
Seppellire la necropoli

«L’evidenza dispiace a chi non ha l’animo di affrontare davvero la bataille.
Cio’ che il raccapriccio per il cadavere suggerisce ai vivi, e’ la colpa
dell’uccisione continuata di cui sono vittime e correi, nella violenza
biofoba della “vita” quotidiana, nell’“ordine” del lavoro penitente,
produttore del tempo nato perso e degli spazi delineati dalla carcerazione.
Le salme che la specie comincia e non finisce più di seppellire sono la
testimonianza insopportabile di quanto i vivi seppelliscono ogni giorno in
se’: di quanto resta di ogni “vita” erogata, salma-statua eloquente del
tempo perduto. Qui sì, “funziona” una facile simmetria; qui l’allegoria ha
l’evidenza di un materialismo storico innestato direttamente sulle braci
inconsumabili dell’istintualita’, sotterrata ma persitente: sulla sapienza
sotterranea della corporieta’ che matura il suo lungo salto al di la’
dell’animalita’ e della civilta’ insieme.
Perche’ non sia piu’ una necropoli, occorre che la comunita’ umana cessi di identificarsi con i “suoi” morti. Che la colpa di non-essere venga inumata con essi nella fine della preistoria, nella fine del tempo di produzione.
La corporeita’ enigmatica della salma, vista dall’orrore di sussistere
scorporati, alienati alla presenza in-stante, fu la figura di dio, l’idolo
archetipo. Il terrore fu di chi restava, abbandonato al sopravvivere. Del
quale guardava il senso freddato, irrevocabile».
Giorgio Cesarano, L'insurrezione erotica
tartito da ---gallizio
nell'era popica salmica