Monday, April 04, 2005
Festeggiare in piena peste

Il nomos di tutti sovrano
dei mortali e degli immortali
conduce con mano piu' forte
giustificando il piu' violento (...)
(Pindaro)
A cotesta violenza mediatica, finisco per preferire la sovranita' dell' homo sacer
colui che e' "bandito" dalla comunita', reso quindi uccidibile ma anche libero, arcaico.
La sua e' la nuda vita di chi ha perso qualsiasi diritto politico,
e quindi, se vale il zoon politikon aristotelico, la vita stessa.
Nuda vita, separata da qualunque contesto, e che proprio per questo sopravvive
in un certo senso alla morte. L'homo sacer medioevale e' il fuorilegge, il bandito, il wargus, il lupo, l'uomo-lupo, il senza pace, il lupo mannaro, il loup garou, ne' uomo ne' belva, la fera bestia, il gia' morto.
Nel saggio di Giorgio Agamben, l'homo sacer e' l'uomo che chiunque poteva uccidere senza essere accusato di omicidio e che non poteva, pero', essere sacrificato per un rito.
Scrive Agamben: «[con l'homo sacer] che cosa avviene di fatto? Che un uomo sacro, cioe' appartenente agli dei, e' sopravvissuto al rito che lo ha separato dagli uominie continua a condurre un'esistenza apparentemente profana tra di essi. Nel mondo profano, al suo corpo inerisce un residuo irriducibile di sacralita'. che lo sottrae al normale commercio con i suoi simili (...)» (Elogio della Profanazione, in Profanazioni, Nottetempo 2005)
Mi piace pensare che l'homo sacer sia l'unico capace di festeggiare in piena peste.
L'unico la cui salma non ci verrebbe imposta urbi et orbi
sacrato da ---gallizio
nell'epoca sacerda e zelota