Tuesday, November 30, 2004
Lo spillo bollente post-monetario

non-reading abstract: nel suo testo visionario del 1959 Pin-Hot Gallizio intuì
che il capitalismo si poteva inceppare iniettando dis-valore nei suoi circuiti.
Una mia risposta a macchine radicali di Matteo Pasquinelli
(di seguito, il suo testo è evidenziato in rosa).
Rekombinant - Economia 05.03.2004
>Il punto è che siamo alla ricerca di un nuovo attore collettivo e di un
>nuovo punto di applicazione dell’arrugginita leva rivoluzionaria.
Magari violando l’ultimo tabù che le avanguardie non hanno mai DAVVERO violato.
>Deleuze e Guattari tirarono fuori la macchina dalla fabbrica, ora
>spetta a noi tirarla fuori dalla rete e immaginare la generazione
>post-internet.
magari trasformando "la metafora del free software" in una macchina-golem
che gode sì, ma di vita propria.
>(...) come scrivono Hardt e Negri in Impero: "La moltitudine non usa solo le macchine per produrre, ma essa stessa diviene, contemporaneamente, sempre più macchinica. Nello stesso modo, i mezzi di produzione sono sempre più integrati nelle menti e nei corpi della moltitudine. In tale contesto, RIAPPROPRIAZIONE significa libero accesso e controllo della conoscenza, dell’informazione, della comunicazione e degli affetti, in quanto mezzi primari della produzione biopolitica. Il semplice fatto che queste macchine produttive siano state integrate nelle moltitudine non significa che quest’ultima sia in grado di controllarle; al contrario, tutto ciò rende l’alienazione assai più odiosa e viziata. Il diritto alla riappropriazione è il diritto della moltitudine all’autocontrollo e a un’autonoma autoproduzione".
Cosa vuol dire oggi "autonoma autoproduzione"?
penso significhi evitare che ogni concrezione (e anche ogni virtuosismo e ogni immaginazione) venga automaticamente espropriata e alienata dal tecno-impero.
>Abbiamo citato all’inizio le due intelligenze che si affrontano nel
>mondo e le forme nelle quali si manifestano. La moltitudine funziona
>come una macchina perché è calata in uno schema, in un software
>sociale, pensato per lo sfruttamento delle sue energie e delle sue
>idee. Ecco, i tecnomanager (pubblici privati militari) sono coloro che,
> inconsciamente o meno, progettano e controllano macchine fatte di
>esseri umani assemblati l’uno con l’altro. Il general intellect genera mostri.
>A confronto con la pervasività del tecnomanagement neoliberista, l’intelligenza
>del movimento globale è pochissima cosa.
Qual’è l’unico campo in cui da sempre il tecno-impero e i suoi super-manager non trovano mai un’arma drizzataglisi contro?
>Che fare?
>(cut) riappropriarsi dei mezzi di produzione.
>(cut)La classe radicale globale riuscirà a inventare macchine sociali che
>sappiano sfidare il capitale e funzionare come piani di autonomia e
>autopoiesi? Macchine radicali che sappiano affrontare l’intelligenza
>tecnomanageriale e le meta-macchine imperiali schierate intorno a noi?
>Il match moltitudini contro l’impero diventa il match macchine radicali
>contro tecnomostri imperiali. Da dove cominciare a costruire queste macchine?
innanzitutto dalla constatazione che, fuor di metafora, il free software spaventa(va?) mortalmente il capitale perchè distruggeva valore inflazionandolo.
È la tecnica che i situazionisti del laboratorio sperimentale di alba chiamavano "pittura industriale". Leggiamo dall’omonimo manifesto:
"Le antiche culture ce ne danno gli esempi con la loro inflazione; tutto era unico, e questa immensa produzione non era possibile se non con il concorso degli elementi popolari trascinati nelle loro opere dall’immensa poesia. Inariditasi la fonte poetica è breve il passo per giungere alle rovine dei Maya, dei cretesi, degli etruschi, ecc.
Oggi l’uomo è parte della macchina che ha creato e che gli è negata e ne è da essa dominato. Bisogna invertire questo non senso o no si avrà più creazione; bisogna dominare la macchina ed obbligarla al gesto unico, inutile, anti- economico, artistico, per creare una nuova società anti-economica ma poetica, magica, artistica".
Nel suo testo visionario del 1959, pinot gallizio intuì che il capitalismo si poteva inceppare iniettando nei suoi circuiti una fiumana di dis-valore:
"Le ultime creazioni artistiche moderne attuate con senso magico- profetico, vi hanno distrutto lo spazio; e lunghe tele chilometriche si possono ormai tradurre e misurare a cronometro, come films, come cinerama (venti minuti di pittura, trenta, un’ora)".
"Gli averi saranno collettivi e con velocità di autodistruzione".
"I primi rudimentali strumenti di questa rivoluzione sono, secondo noi, quelli artistici-industriali e devalorizzati, proprio perché sono innanzitutto strumenti di gioia; ecco perché nel proporre i nostri minimi risultati, come la pittura industriale, noi ci sentiamo orgogliosamente sicuri che le nostre speranze sono buone, giudicate dall’attuale dilagante entusiasmo con cui furono accolte.La pittura industriale è stato il primo tentativo riuscito di giocare con le macchine, ed il risultato fu la devalorizzazione dell’opera d’arte".
Ad Alba, nell’eterna provincia della fine degli anni cinquanta, i situazionisti devalorizzarono l’opera d’arte. Inflazionandola a metri. Esattamente come quarant’anni più tardi il free software devalorizza il software proprietario, creando un codice aperto, liberamente replicabile e utilizzabile: inflazionando il software proprietario con un software migliore. Minando il software proprietario getta le basi per attaccare il cielo del tecno-impero.
Poi qualcosa si inceppa, il disorientamento si aggira nella frase che matteo sintetizzava con "e quando tutti i computer del mondo gireranno col free software cosa cambierà?
"Niente cambierà. A meno che?
A meno che il general intellect, la moltitudine, la *** (insert freely a name, as u like) non si riappropri di un’istituzione fondamentale per la libertà della generazione dell’era post-internet: la moneta.
Ecco l’ultimo tabù di cui dobbiamo riappropriarci: una moneta che sia in grado di trasformare i network in zone finanziariamente sottratte al capitale.
Se il free software ha liberato valore, ora serve uno strumento che reincorpori quel valore su un piano ALTRO, in cui la finanza tecno-imperiale non sia in grado di dettare legge.
Oggi c’è una sensibilità monetaria incredibilmente più matura di quella su cui potevamo contare anche solo dieci anni fa. Il bellissimo articolo di Roberto Buffagni [download in qualche decina di secondi] postato pochi giorni orsono da magius ne è un chiaro esempio. O anche al meno tecnico ma non certo meno apprezzabile "profanare il tempio del capitale". In questa lista, mica su marte.La nuova macchina di liberazione, il "nuovo punto di applicazione dell’arrugginita leva rivoluzionaria", è una finanza altra capace di riarticolare i network valoriali creati dal general intellect in zone franche.
Il denaro performativo di Christian Marazzi sarà altro linguaggio da quello parlato dalle sirene monetarie del tecno-impero.
Il denaro non è altro che un’istituzione su cui convenire e con cui accettare di scambiare i valori prodotti dagli altri.
Per creare questo denaro non servono solo economisti e uomini di finanza: serve tutta la creatività del general intellect che sappia immaginare le vie di fuga su cui farlo fluire. La posta in gioco è una nuova moneta con cui erogare un reddito di cittadinanza (o di esistenza) che affranchi per sempre i chainworkers dalla schiavitù del soldo. Solo noi ce lo possiamo dare. ma solo riappropriandoci di questa dimensione della cultura umana potremo parlare davvero di libertà. Ci romperanno i coglioni, possiamo scommetterci. Se necessario piazzeranno i carri armati.
Ma se la moneta del general intellect sarà incoccata (magari nascosta nelle pieghe rizomatiche del P2P) non si potrà tornare indietro.
Un’altra moneta è possibile.
Dice ancora nel 1959 Gallizio il visionario:"Gli averi saranno collettivi e con velocità di autodistruzione".
oggi noi possiamo dire di poter leggere questo detto enigmatico così:
"il valore sarà collettivo [con i network ispirati al free software generalizzato] e noi li finanzieremo con un reddito di esistenza erogato con una moneta deperibile".
Proseguiva Gallizio: "Sarà il trionfo dei grandi numeri mossi dalla qualità che stabilirà dei valori sconosciuti e la velocità di scambio determinerà una nuova identità: il Valore diverrà identico al Cambiamento.
Sarà la fine di ogni speculazione. (...)Ora tocca a noi artisti, scienziati, poeti creare nuovamente le terre, gli oceani, gli animali, il sole e le altre stelle, le arie, le acque e le cose.
E toccherà a noi soffiare nell’argilla per creare l’uomo nuovo adatto al riposo del settimo giorno".
Parafrasando gli eredi brancusi, in anglo-piemontese Gallizio si declina così
Pin-hot [pin][hot] - traduzione:
1) Diminutivo di Giuseppe (vedi anche Pin in);
2) uno "spillo bollente", con cui bucare tutte le bolle speculative del mondo.
PS: sul sito degli glossario di corrispondenze foniche inglese-piemontese
non scritto&rifritto da ---gallizio
(co'o ggiovine)