Monday, October 26, 2009
non perché sia tu a brillare

tomorrow night
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Un filo regge l'ordine del mondo
Oscilla lentamente e poi si spezza
I corpi si confondono, le menti
Precipitano i passi per le scale
Cade la sedia, si rovescia
sull'altro versante della vita
Sibila un suono il senso della scena
evoca la semplicità di contraddire
e il sentimento estraneo delle cose
carlo pasi
Oscilla lentamente e poi si spezza
I corpi si confondono, le menti
Precipitano i passi per le scale
Cade la sedia, si rovescia
sull'altro versante della vita
Sibila un suono il senso della scena
evoca la semplicità di contraddire
e il sentimento estraneo delle cose
carlo pasi
Ma il ruolo dei fili può invertirsi o ritrovare come controprova il senso di un’incisione. Pour un funambule è un inno al filo. Questa volta il ballerino non tiene il filo di ferro tra le dita, ma si mantiene – come il testo – su un filo. Il filo – il soggetto del testo – lo sostiene sul bordo della caduta («il filo ti reggerà meglio, più sicuro di una strada»). Il funambolo deve amare il suo filo come ciò che lo porta, ma prima di tutto come ciò che avrà portato, fatto nascere o resuscitato. Edipo o Gesù: «L’amore – quasi disperato, ma carico di tenerezza – che devi donare al tuo filo, avrà la stessa forza che il filo di ferro dimostra nel reggerti. Conosco gli oggetti, la loro malignità, la loro crudeltà, ma anche la loro gratitudine. Il filo era morto – o se preferisci muto, cieco –, eccoti qui: vivrà e parlerà». I posti si invertono, il filo danza e il ballerino si acceca, la gloria ritorna al vero soggetto: il filo. «le tue capriole, i salti, le danze – nel gergo degli acrobati flic-flac, rondate, salti mortali, ruote, ecc. – ti riusciranno, non perché sia tu a brillare [non perché lei, la madre, brilli: «un lustrino d’oro è un minuscolo disco di metallo dorato, forato al centro» è l’inizio del testo, la sua prima fase], ma perché un filo di acciaio che era morto, e senza voce possa, alla fine, cantare. Quanto ti sarà riconoscente se, in ogni figura, sei perfetto non per la tua gloria ma per la sua!

filo di lampada (stefano daveti)
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A sua volta il filo farà di te il ballerino più meraviglioso […] Che la tua solitudine, paradossalmente, sia in piena luce, e l’oscurità sia formata da migliaia di occhi che ti giudicano, che temono o sperano che tu cada [«Sperava che, l’indomani, Notre-Dame venisse condannata a morte, lo desiderava»], non ha importanza: danzerai al di sopra e al centro di una solitudine desertica, gli occhi bendati, se puoi, le palpebre sigillate. Ma niente – soprattutto gli applauso o le risa – impedirà che tu possa danzare per la tua immagine. Tu sei un artista – ahimé – non puoi sottrarti al precipizio spaventoso dei tuoi occhi […] non sei tu che danzerai, ma il filo. Ma se è lui che danza immobile, e se è la tua immagine che fa volteggiare, tu, allora, dove sarai?
jacques derrida, glas
tartito da ---gallizio
all’epoca delle acciaierie stellate filanti
all’epoca delle acciaierie stellate filanti
Labels: derrida, filo, funambolo, glas miracles, love, reblip